Come si fa la diagnosi

Non esiste un test che permetta di fare, in maniera incontrovertibile, la diagnosi di dermatite atopica. Si tratta di una diagnosi quindi “clinica”, che deve essere fatta dal medico in relazione alla presenza di alcuni elementi. L’elemento più importante per la diagnosi è la presenza del prurito: in altre parole se non è presente il prurito non c’è dermatite atopica. Ovviamente il prurito non è esclusivo di questa malattia, ma ci sono altre malattie cutanea dell’età pediatrica, persistenti nel tempo, che danno questo disturbo, come ad esempio la scabbia o l’allergia alle punture di zanzare (“strofulo”). Il prurito pertanto, pur essendo l’elemento essenziale, non è sufficiente, da solo, a permettere la diagnosi. Altri elementi sono quindi utili per permettere la diagnosi. Essi sono (cosiddetti “criteri maggiori di Hanifin e Rajka”)

– la presenza di familiari con malattie allergiche,
– la localizzazione delle lesioni,
– l’andamento cronico della malattia.

Su questi punti vanno tuttavia spese alcune parole. Per familiarità per allergie si deve intendere la stretta familiarità, cioè la presenza di malattie allergiche in genitori e fratelli, e la presenza di malattie allergiche certe, cioè scientificamente accertate. Capita di osservare spesso, invece, che venga data importanza, da genitori e anche da medici, alla presenza di malattie allergiche anche in zii, nonni, cugini etc. Orbene, visto che le malattie allergiche interessano ormai quasi il 40% della popolazione generale, è quasi impossibile che un bambino non abbia tra propri parenti più di una persona che soffre di allergie. Valutando la familiarità in maniera così estensiva questo criterio, nella dermatite atopica ma in genere in tutte le malattie allergiche, perde ovviamente di significatività. Inoltre, come detto la malattia allergica deve essere certa. In altre parole nei genitori o nei fratelli del bambino in esame va ricercata e valorizzata la presenza di malattie squisitamente allergiche, come la dermatite atopica stessa, la rinite allergica, l’asma, l’orticaria allergica vera, e di queste malattie l’origine allergica deve essere stata accertata con gli usuali test. Tutto ciò per evitare che bambini con banali e non specifiche lesioni cutanee, con la sfortuna di avere qualche zio o cugino con vaghe allergie o intolleranze, venga immediatamente sospettato, come purtroppo spesso accade, di essere un bambino allergico e trattato e maltrattato (vedi diete più o meno restrittive) in maniera impropria.
E il piccolo lattante presenta spesso, purtroppo, lesioni cutanee che ad una valutazione superficiale potrebbero essere considerate dermatite atopica e quindi, quasi automaticamente, allergia. Le malattie delle pelle che più frequentemente, nel lattante molto piccolo dei primi mesi di vita, vengono in tal modo scambiate per dermatite atopica, sono l’acne del neonato, la cheratosi pilare e la dermatite seborroica.
L’acne del neonato è una eruzione del volto del tutto simile all’acne della pubertà e come essa dovuta non ad allergie alimentari ma a fattori ormonali, cioè, nel caso specifico, ad ormoni che la madre ha trasmesso al feto prima del parto. Si tratta di lesioni rosse, leggermente rilevate, piccole, sormontate da puntini giallastri, purulenti, come l’acne giovanile, per l’appunto. Tali lesioni compaiono usualmente intorno al 25° giorno di vita e scompaiono, spontaneamente, intorno al 40°. Viene frequentemente interpretata come una manifestazione allergica e frequentemente il pediatra consiglia latti speciali o la sospensione della assunzione del latte da parte della madre che allatta. Ora, visto che, come detto, spontaneamente, nel giro di una quindicina di giorni la malattia scompare, i genitori e lo stesso pediatra possono essere indotti a pensare che sia stato il trattamento dietetico a far scomparire la malattia e quindi a rafforzarsi nella loro errata convinzione di trovarsi di fronte ad un bambino allergico.
Analogo discorso si può fare per la dermatite seborroica, la cosiddetta crosta lattea. Sono arrossamenti della pelle (chiazze “eritematose”) su cui sono localizzate come delle squame grasse, giallastre. Si localizzano soprattutto a livello del cuoio capelluto, della fronte, della regione fra le due sopracciglia. La crosta lattea non dà prurito e già questo è un elemento differenziale fondamentale. Inoltre la crosta lattea compare prima dei due-tre mesi e scompare a 3-4 mesi, mentre la dermatite atopica compare più tardivamente, dopo i 2-3 mesi, e tende a persistere nel tempo.
Come regola generale per evitare errori di interpretazione si può affermare che eccezionalmente la dermatite atopica, al contrario delle malattie che spesso vengono per essa scambiate, compare nei primi due mesi di vita e che quindi di fronte ad una eruzione cutanea in un bambino di questa età è opportuno pensare, in primis, che non si tratti di dermatite atopica e quindi astenersi dal sospettare allergie o intolleranze alimentari ed interferire sulla alimentazione normale della madre o del bambino.
Una terza “malattia”della pelle del lattante che spesso viene interpretata come dermatite atopica con tutte le conseguenze che ne conseguono è la cosiddetta “cheratosi pilare”. E’ una malattia ereditaria caratterizzata la puntini non arrossati a livello delle guance, della superficie laterale delle braccia, della superficie anteriore delle cosce. L’aspetto della pelle è quello della pelle “a raspa” o “a grattugia”. Usualmente queste lesioni puntiformi non sono arrossate ma talora per irritazioni varie possono avere un aspetto molto “infiammato”. Per quanto anch’essa sia spesso considerata una malattia “allergica” la cheratosi tale non è. E’ una condizione strettamente ereditaria: domandando si scopre quasi sempre che qualcosa di simile ha presentato nell’infanzia uno dei genitori. Può avere un qualche rapporto con la cosiddetta “atopia”, cioè la tendenza ereditaria alle malattie allergiche, e con la vera dermatite atopica, di cui rappresenta un cosiddetto segno “minore”, ma allergia non è e dermatite atopica nemmeno.
Per tornare a quelli che sono gli elementi fondamentali, i criteri maggiori, per la diagnosi, della localizzazione delle lesioni, specifica della malattia e specifica per le varie età, abbiamo detto dianzi.
L’ultimo elemento diagnostico principale è l’andamento cronico o meglio l’andamento cronico con remissioni e recidive. La persistenza nel tempo è un elemento differenziale con altre malattie cutanee più fugaci, come, per esempio, con l’altra malattia più propriamente “allergica” della pelle, cioè con l’orticaria. Tuttavia anch’essa non è un fatto assoluto; infatti la dermatite atopica presenta delle remissioni spontanee ed in particolare si riduce, fino a scomparire, nei mesi estivi.
Oltre ai cosiddetti segni maggiori può aiutare nell’inquadrare il bambino e nella diagnosi di dermatite tutta una serie di segni “minori” che appartengono all’abito costituzionale del bambino con eczema. Ad esempio, la secchezza della pelle (“xerosi”), il pallore, le occhiaie, la presenza di una pieghetta della pelle in più sulle palpebre inferiori (“doppia piega palpebrale di Dennie-Morgan”). Tutto l’insieme dà spesso al bambino un aspetto caratteristico, a volte riconoscibile a colpo d’occhio, che viene definito “facies atopica”. I segni minori sono molteplici ma alcuni di essi sono molto suggestivi come ad esempio la cosiddetta ragade all’impianto del padiglione auricolare, cioè una specie di taglio o di piccola piaga, con secrezione, all’attaccatura delle orecchie.