La diarrea persistente e cronica

Si parla di diarrea persistente quando l’emissione di feci non formate si protrae oltre le due settimane e di diarrea cronica quando la durata supera le quattro settimane.Nei paesi industrializzati le cause più frequenti di diarrea persistente o cronica sono sostanzialmente quattro ed ad esse, nella pratica quotidiana del pediatra, è opportuno far riferimento delegando alle strutture specialistiche gastroenterologiche i casi, rari, che rispondano ad altre motivazioni e che non si risolvano ambulatoriamente seguendo le norme di comportamento pratico che verranno in seguito delineate.
E’ sempre colpa degli alimenti?
Non sempre; tuttavia è di osservazione frequente, quasi quotidiana, vedere bambini con diarrea persistente o cronica trattati esclusivamente con diete alimentari: senza proteine del latte vaccino, senza lattosio, senza glutine, senza i più svariati alimenti, talora con diete contenenti pochissimi alimenti (come nella cosiddetta dieta di Rezza a base di crema di riso, olio di oliva, carne di agnello), talora con latti cosiddetti elementari contenenti esclusivamente miscele di aminoacidi. In realtà solo una parte delle diarree persistenti è dovuta ad intolleranza alimentare ed inoltre è molto improbabile che una diarrea persistente da intolleranza alimentare sia dovuta ad alimenti diversi dal latte e dal glutine. E’ pertanto ingiustificato ed inutile affannarsi alla ricerca disperata dell’alimento responsabile, sottraendo dalla alimentazione del bambino un alimento dopo l’altro, nel tentativo di risolvere una diarrea che non si è risolta sospendendo il latte e il glutine: evidentemente le motivazioni sono altre. Tra l’altro non è giustificato sottrarre il glutine dalla dieta di un bambino per “prova” trattandosi di una intolleranza che può essere diagnosticata con test di laboratorio. L’intolleranza al glutine (celiachia) qualora fosse presente sarebbe una malattia “di tutta la vita” e richiederebbe, per tutta la vita, delle privazioni alimentari; inoltre ad essa si associano e ad essa conseguono, se non si segue una dieta rigorosa, altre malattie anche tumorali: non si deve mai, pertanto, fare una dieta senza glutine “di prova” ma la diagnosi di celiachia e la dieta conseguente vanno fatte solo dopo un percorso diagnostico rigoroso.

Quali sono le cause principali
Le quattro cause di diarrea persistente o cronica, responsabili della stragrande maggioranza di questi casi nei paesi industrializzati, e a cui si deve far riferimento nell’affrontare questi problemi sono:

1. la sindrome del colon irritabile (o diarrea del bambino sano),
2. la sindrome postenteritica (o sindrome dell’intestino infetto o colonizzazione alta del tenue),
3. la diarrea cronica da latte vaccino,
4. la celiachia (intolleranza al glutine).

Di queste quattro forme di diarrea cronica solo le ultime due, evidentemente, sono dovute ad alimenti specifici; la sindrome postenteritica è dovuta ad una infezione da microbi mentre il cosiddetto colon irritabile in fondo non è una vera malattia.
La sindrome del colon irritabile o diarrea del bambino sano, la più banale e innocua delle quattro, è la causa più frequente di diarrea cronica nella pratica corrente ed è la principale responsabile del pellegrinaggio dei genitori di medico in medico, di ansia crescente, di ripetuti esami inutili e spesso costosi, di regimi alimentari sempre più restrittivi e molto spesso ossessivi.
Al di fuori di queste, le altre cause di diarrea cronica sono decisamente meno frequenti ed hanno una connotazione diversa.

Come orientarsi

I criteri fondamentali per orientarsi fra queste quattro forme di diarrea sono due: 1) l’età del bambino, 2) la sua crescita.
La diarrea cronica da intolleranza al latte è una patologia del bambino piccolo, sotto i due anni, e soprattutto del primo anno di vita. La maggior parte dei casi esordisce nei primi sei mesi di vita. E’ eccezionale che un bambino possa avere diarrea da intolleranza al latte oltre i due anni di età. Inoltre anche i bambini che hanno avuto diarrea cronica da intolleranza al latte nei primi mesi di vita usualmente a due anni hanno riacquisito la tolleranza e possono riassumere il latte senza problemi.
Nella sindrome postenteritica, nella diarrea da intolleranza alle proteine del latte, nella celiachia c’è compromissione del peso (malnutrizione-malassorbimento): la curva di crescita del bambino appare compromessa con riduzione della velocità di crescita o arresto dell’accrescimento o addirittura calo di peso. Al contrario nella sindrome del colon irritabile il bambino, a meno che non sia stato tormentato con diete troppo rigorose, cresce adeguatamente.

Oltre questi due fondamentali elementi ci sono altri elementi pratici che possono essere utili.

Nella sindrome del colon irritabile (diarrea del bambino sano o toddlers diarrhea o sindrome da accelerato transito intestinale o diarrea cronica non specifica), che come detto è la causa più frequente di diarrea cronica nella pratica corrente:

– Età 6 mesi-5 anni; non esiste colon irritabile al di fuori di questa età;
– Vi è alternanza di stipsi e diarrea cioè le feci sono capricciosamente variabili e ciò avviene in maniera indipendente dal tipo di alimentazione e dagli alimenti sospesi; questa variabilità è presente nel corso dei vari giorni (un giorno molte scariche, un giorno poche, alcuni giorni addirittura nessuna evacuazione), ma anche nella stessa giornata (la mattina feci più formate, il pomeriggio più decomposte) o addirittura nella stessa evacuazione (una parte formata ed una parte sfatta, con muco e residui vegetali);
– Sono presenti nelle feci residui vegetali non digeriti che spesso inducono le madri a ritenere che proprio quegli alimenti siano responsabili della diarrea e ad operare ulteriori eliminazioni; si tratta invece di residui fibrosi (diarrea piselli e carote) dovuti all’accelerato transito degli alimenti attraverso l’intestino;
– E’ presente muco nelle feci;
– Sono frequenti i dolori addominali.

Tuttavia, cosa fondamentale,
– i bambini hanno buon appetito e
– crescono bene.

La diagnosi quindi emerge dal fatto che il bambino sta bene, ha buon appetito, cresce bene. Mai, per definizione, è presente malnutrizione.
E’ quindi errato, per quanto sia molto frequente osservarlo nella pratica, tenere a dieta il bambino di due- tre anni con diarrea cronica a feci variabili, buone condizioni generali, buon appetito e buon accrescimento.
Il problema è che delle volte proprio per diagnosi e diete improprie la crescita non è adeguata. E in tal caso il riconoscimento può essere un po’ più complicato.

1. Il dolore addominale che scompare con la defecazione è un segno di patologia funzionale, di colon irritabile; il dolore che persiste dopo l’evacuazione induce a pensare ad una patologia organica;

2. Il rallentamento della crescita (malnutrizione) è, come detto, il primo elemento che induce a sospettare una patologia organica. Ma essa va sospettata anche
– in caso di dolori addominali notturni, lontano dalla regione ombelicale, invalidanti,
– in caso di diarrea notturna: la diarrea notturna è sempre organica,
– in caso di presenza di muco e sangue nelle feci.
In quest’ultimo caso il sospetto principale è quello delle cosiddette malattie infiammatorie croniche intestinali. Vale a dire che in presenza di muco e sangue nelle feci in un bambino > i 2-3 anni, se coesiste malnutrizione, la prima ipotesi diagnostica è la malattia infiammatoria cronica intestinale (rettocolite ulcerosa e morbo di Crohn) patologia che va gestita da strutture specialistiche.

3. Importante è anche la storia della diarrea. La causa primaria diarrea cronica postenteritica o sindrome dell’intestino infetto o diarrea post-infettiva è un primo episodio enteritico acuto. L’enterite acuta prepara la strada alla cosiddetta colonizzazione alta del tenue, cioè della parte dell’intestino immediatamente a valle rispetto allo stomaco. Il tenue prossimale dell’uomo, pur non essendo sterile, contiene usualmente una bassa carica di microbi; dopo un episodio enteritico in questa sede possono, viceversa, impiantarsi e svilupparsi colonie di microbi, prevalentemente germi cosiddetti anaerobi i quali possono essere responsabili della persistenza della diarrea.
Quindi se dopo un episodio gastroenteritico le feci rimangono molli e frequenti:
_ se il bambino sta bene e cresce bene pensare al colon irritabile,
_ se il bambino sta male e non cresce pensare alla colonizzazione del tenue. Meno probabile l’intolleranza alle proteine del latte acquisita nel corso dell’episodio acuto.

Di fronte ad una diarrea cronica con malassorbimento, cioè con scarso accrescimento, può essere quindi lecito porre il bambino a dieta; tuttavia se la diarrea non migliora con la dieta elementare pensare ad una causa batterica di diarrea protratta: è giustificato in questo caso il trattamento antibiotico come prova.

Per quanto riguarda le intolleranze alimentari possono essere di utilità alcune considerazioni:

– Se la diarrea non persiste a digiuno è probabile che sia presente un’intolleranza alimentare;
– Se la diarrea è dovuta ad intolleranza ad un certo alimento deve scomparire nel breve periodo (anche entro 24 ore) dopo sua sospensione. In altre parole se il sospetto di intolleranza al latte vaccino è lecito, è utile nel primo anno di vita il test di eliminazione di prova. Ma in caso di insuccesso la dieta deve essere prontamente abbandonata;
– Può essere importante nell’orientare la diagnosi anche la coesistenza di altre patologie; ad esempio una diarrea protratta in un bambino con dermatite atopica suggerisce la presenza di intolleranza alimentare, in primis al latte, mentre la dermatite erpetiforme, malattia non frequente, molto pruriginosa, suggerisce la diagnosi di celiachia.

Sono utili gli esami?

Non in prima battuta, cioè al primo approccio al problema. Un comportamento pratico, empirico, senza l’ausilio di esami, è risolutivo nella maggior parte dei casi.D’altra parte se si considerano quelli che sono le cause principali di diarrea cronica nella pratica quotidiana e si prendono in considerazione gli esami possibili se ne può dedurre quanto segue:

– Il colon irritabile non prevede esami che ne permettano la diagnosi: l’elemento diagnostico è quello clinico del bambino che sta bene e cresce regolarmente;
– nella diarrea cronica postenteritica gli esami proponibili, il Breath test e il sondaggio duodenale con coltura del succo duodenale, sono eseguibili soltanto in centri specialistici. Nella pratica quotidiana quindi essi non sono disponibili e possono essere sostituiti dalla somministrazione di antibiotici la cui efficacia avrebbe valore anche di test diagnostico;
– Nell’intolleranza alla proteine del latte vaccino i prick test e i RAST generalmente non sono utili per la diagnosi perché normalmente non c’è “sensibilizzazione IgE mediata”, vale a dire non è operante quel meccanismo che può essere indagato con questi mezzi diagnostici. Il meccanismo immunologico è diverso, generalmente “cellulo-mediato”, cioè coinvolgente non quel particolare tipo di anticorpi chiamati IgE specifiche, ma elementi cellulari chiamati T linfociti. Fa eccezione la colite allergica, tipica del piccolo lattante, spesso alimentato al seno, che è caratterizzata dalla presenza di sangue nelle feci, ma al contrario di altre malattie come le malattie infiammatorie croniche intestinali, le condizioni generali sono buone e il lattante cresce bene.
E’ quindi inutile aspettarsi dai test cutanei o dagli esami del sangue una risposta alla domanda se è opportuno o meno mettere il piccolo bambino con diarrea cronica a dieta senza proteine del latte vaccino, anzi l’eventuale responso negativo dei test potrebbe indurre nell’errore di escludere la responsabilità dell’alimento anche quando esso ne fosse veramente la causa.
– L’unica forma di diarrea cronica che può quindi essere diagnosticata con esami di laboratorio è la celiachia. Sono disponibili test sul sangue (anticorpi antitransglutaminasi, anticorpi antiendomisio, anticorpi antigliadina) che permettono di orientare la diagnosi. Nella pratica corrente del pediatra ambulatoriale, tuttavia, si può posporre l’esecuzione di questi esami ad una seconda fase, quando cioè non si ottenga la risoluzione del problema con un comportamento empirico che valuti le altre possibilità di diarrea cronica, più frequenti della diarrea celiaca.

Che cosa fare?

In effetti se un bambino presenta diarrea protratta oltre i tempi usuali della diarrea acuta la prima cosa da valutare è la curva di crescita e l’età del bambino. Se l’accrescimento è adeguato, il bambino sta bene e l’età è compatibile il problema è chiuso: si tratta di una sindrome del colon irritabile e il bambino non deve fare alcun accertamento, alcun trattamento farmacologico, alcuna dieta. E’ importante che i genitori siano tranquillizzati ed invitati a non controllare più le feci: non tenere conto delle scariche ma di come il bambino sta, di come cresce, del suo buon appetito.
Quindi nel colon irritabile:
– Tranquillizzare i genitori;
– Non dare importanza alle feci;
– Ma dare importanza al peso e alla curva di crescita;
– Dieta libera, ricca di grassi, anche cotti, anche fritti. La dieta ricca di grassi determina un miglioramento perché i grassi rallentano il transito intestinale e anche perché dando molti grassi si danno meno carboidrati. Si possono usare senza problemi le patate fritte.
Per aumentare la quota di grassi nella dieta è spesso sufficiente, semplicemente, alimentare questi bambini normalmente e secondo gli schemi alimentari usuali.

– Indispensabile eliminare i succhi di frutta che contengono sorbitolo e fruttosio;
– Il sorbitolo è un polialcool che determina fermentazione e successivamente richiamo d’acqua nell’intestino;
– Il fruttosio è particolarmente contenuto nei succhi di pera (+++) e di mela (++).

La “ dieta in bianco” non ha nessun razionale ed è il contrario di quanto sia necessario perché ricca di carboidrati e povera di grassi.
Qualora viceversa l’accrescimento sia compromesso vanno prese in considerazione le altre cause frequenti di diarrea cronica, cioè l’intolleranza al latte, la diarrea post-infettiva, la celiachia.
La storia della diarrea, i caratteri delle feci, il rapporto temporale fra la comparsa della diarrea e l’assunzione degli alimenti, i sintomi concomitanti, l’età del bambino, possono in questi casi aiutare la diagnosi. Ma soprattutto l’approccio pratico al problema potrà permettere in un tempo la sua risoluzione ed il chiarimento circa le sue cause (cosiddetto “criterio ex juvantibus”).
La terapia empirica, valida anche come criterio ex juvantibus è rappresentata da:

1. Dieta senza latte e derivati (alternative possibili sono, in alcuni casi, la dieta elementare con aminoacidi liberi o la dieta fatta in casa , la cosiddetta dieta di Rezza), caloricamente adeguata;
2. Antibiotici “aminoglicosidici” per via orale o cotrimossazolo per un adeguato periodo di tempo (anche 15 giorni).
3. Resine a scambio ionico come la colestiramina, usualmente usata nel trattamento delle ipercolesterolemie, la quale lega i sali biliari che a causa di questi germi colonizzanti il tenue hanno un effetto irritante sulla mucosa del colon.
In questo modo si agisce su due delle tre cause di diarrea persistente, l’intolleranza al latte e la sindrome dell’intestino infetto.

L’evoluzione della diarrea potrà essere a questo punto duplice:

A. La diarrea scompare. Il problema sarà stato quindi o quello di una intolleranza al latte o quello di una diarrea post-infettiva (diarrea postenteritica). La reintroduzione nella alimentazione del bambino di latte e derivati permetterà di distinguere fra le due cause e nel caso la diarrea ricompaia dopo la reintroduzione dell’alimento si dovrà provvedere a mantenere il bambino a dieta senza proteine del latte vaccino per qualche mese;
B. La diarrea persiste. A questo punto sarà determinante valutare l’accrescimento del bambino:
– se il bambino nel periodo intercorso è adeguatamente cresciuto malgrado la diarrea vuol dire che si tratta di un colon irritabile nel quale, in precedenza, il deficit di crescita era dovuto alle diete incongrue;
– se l’accrescimento è stato deficitario va considerata la diagnosi di celiachia e vanno eseguiti i relativi accertamenti di laboratorio che se positivi imporranno al bambino una dieta senza glutine per tutta la vita.

Qualora viceversa questi accertamenti non fossero positivi, di fronte quindi ad una diarrea con malnutrizione, non rispondente alla dieta senza latte e derivati ed ad un adeguato trattamento antibiotico, con test per la celiachia negativi, è opportuno che il bambino sia valutato in ambiente specialistico di gastroenterologia pediatrica.
Questo modello di comportamento pratico ha mostrato nella quotidiana pratica ambulatoriale di essere molto efficace e solo in una eccezionale occasione, nella mia esperienza, non c’è stata la risoluzione del problema e la necessità dell’invio in strutture specializzate di livello superiore; si trattava in quel caso di un bambino che oltre alla celiachia presentava un raro tumore producente una sostanza (VIP) responsabile della diarrea e della malnutrizione del bambino.

Errori comuni

1. Dieta in bianco: non ha nessun razionale; è esattamente il contrario di ciò che serve nel colon irritabile (è ricca di carboidrati e povera di grassi).
2. Tenere a dieta il bambino di due-tre anni con diarrea cronica a feci variabili, buone condizioni generali, buon appetito e buon accrescimento (colon irritabile).
3. Mettere il bambino a dieta senza glutine se non c’è stata diagnosi di celiachia (antiendomisio, antitransglutaminasi).
4. Considerare diarrea, e mettere a dieta la madre per questo, le evacuazioni talora esplosive, liquide, talora schiumose, talora verdastre, spesso molto frequenti nelle prime settimane di vita, del bambino allattato al seno. Il bambino allattato al seno potenzialmente non soffre di diarrea.
5. Considerare manifestazione di intolleranza al latte le feci verdi. Le feci più o meno intensamente verdi non sono patologiche. Il colore verde è dovuto all’ossidazione della bilirubina (che si trasforma in biliverdina) contenuta nelle feci e al contenuto di ferro del latte di formula.
6. Mettere a dieta il bambino grandicello sensibilizzato, cioè con test positivi al latte o ad altri alimenti, ma tollerante, cioè senza manifestazioni o disturbi alla sua assunzione, può esporre a reazioni molto più gravi ad una successiva esposizione casuale. Il bambino sensibilizzato che prende latte (se tollerante) in sostanza fa una desensibilizzazione continua.