Che cos'è il reflusso gastroesofageo (RGE o GER)

Anche il reflusso gastroesofageo, pur essendo una condizione reale, è di “moda”. Ne è dimostrazione il fiorire di latti cosiddetti A.R., antireflusso, che viceversa, come vedremo, non trovano vere indicazioni nel trattamento di questa condizione. Per reflusso gastroesofageo si intende, come appunto dice il termine, il refluire, il tornare indietro verso l’esofago, del materiale contenuto nello stomaco, latte, muco, acidi. Questa situazione è dovuta fondamentalmente al rilassamento inappropriato del LES (sfintere esofageo inferiore) cioè del meccanismo che “tappa” lo stomaco ed impedisce, in condizioni normali, il ritorno verso l’alto delle sostanze in esso contenute. Si tratta di un fenomeno frequente e praticamente quasi normale nel piccolo lattante che però, in determinate situazioni, può essere responsabile di una condizione di malattia.
E’ indispensabile, quindi, in primis, distinguere nettamente il RGE funzionale, normale, e la malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE o GERD).
Il bambino con RGE funzionale è il cosiddetto rigurgitante felice (happy spitter) il quale presenta soltanto un ritardo della maturazione del LES. Il rigurgitante felice è il lattantino che rigurgita, anche in maniera abbondante, anche a distanza dal pasto, ma lo stato di salute è buono e la crescita è normale. Sono i bambini che rigurgitano molto, hanno spesso eruttazioni e singhiozzo, spesso sembra quasi, quando sono sdraiati, che il latte gli torni verso la bocca e che loro quasi lo “ruminano”. Però, e questo è il fatto fondamentale, tali bambini stanno bene, crescono adeguatamente, non sono sofferenti, non hanno crisi di pianto se non quelle usuali dei piccoli lattanti. Ricordarsi che il bambino normale, normalmente piange e lo può fare, pur in assenza di malattie, anche 2-3 ore al giorno. Tuttavia spesso in questi casi è presente una stato di sofferenza e di ansia nei genitori, che interpretano il rigurgito e gli altri fenomeni come segni di “cattiva digestione”, e richiedono un intervento del pediatra. Frequenti sono in questi casi i cambi del latte, frequente l’uso di farmaci normalmente scarsamente efficaci.
Nella malattia da reflusso, viceversa, sono presenti sintomi più importanti che esprimono la presenza di complicazioni a carico dell’apparato digerente e dell’apparato respiratorio. Tali complicazioni sono determinate dal reflusso di acido verso l’esofago e verso le vie respiratorie. L’acido può determinare lesioni nella parte inferiore dell’esofago, quella immediatamente sovrastante lo stomaco (esofagite da reflusso gastroesofageo) o “l’irritazione” e anche di più delle vie del respiro.

Sono indicativi della presenza della malattia da reflusso:

– le crisi di pianto molto più intense di quelle usuali. E’ un pianto “rabbioso”, violento, che dura a lungo, inconsolabile;
– la disfagia, cioè il dolore che il bambino avverte quando deglutisce il latte. Il bambino spesso comincia a succhiare dal biberon ma dopo qualche deglutizione si distacca piangendo vigorosamente e spesso piangendo si inarca all’indietro e inarca indietro il collo. Questo modo di piangere, cioè il pianto in “opistotono” con l’inarcamento del tronco e del collo si chiama sindrome di Sandifer ed è espressione del dolore esofageo e dell’esofagite;
– il rifiuto dell’alimento,
– il ritardo della crescita,
– l’aumento della frequenza e dell’intensità del vomito,
– le crisi di apnea e di “quasi morte” o ALTE. Le crisi di “apnea ostruttiva” sono crisi di arresto del respiro in cui il bambino si comporta come se “qualcosa” bloccasse il respiro, è agitato, spesso si muove vigorosamente. E’ una evenienza terrificante per il genitore e frequentissimo motivo di corse disperate verso l’ospedale. Analogamente terribile per il genitore, e pericolosa, è l’esperienza di”quasi morte”. La madre trova il bambino praticamente inanimato in culla, immobile ed apparentemente senza vita e riesce solo con manovre concitate a farlo riprendere;
– l’asma, la tosse notturna e quando il bambino sta sdraiato, i disturbi respiratori fino alle cosiddette broncopolmoniti da inalazione del materiale refluito.

Il reflusso gastroesofageo è dovuto ad allergia al latte?

Il rapporto fra le due entità è certo: vi sono casi di RGE guariti solo con la dieta.Il RGE e l’allergia alimentare, in particolare al latte di mucca, cioè ai latti usualmente utilizzati per il lattante, che dal latte di mucca sono ottenuti, sono entrambi comuni nel primo anno di vita e presentano sintomi comuni come:

– il vomito,
– il rigurgito,
– lo scarso accrescimento,
– il dolore, cioè le crisi di pianto con caratteristiche, per intensità e durata, diverse rispetto al pianto “banale” del lattante,
– le apnee,
– le broncopolmoniti.

Si tratta di una specie di serpente che si morde la coda: da una parte è possibile che l’allergia alimentare possa favorire, con la gastrite allergica e l’alterazione dei movimenti dello stomaco, il reflusso gastroesofageo; dall’altra il reflusso può, a sua volta, favorire l’allergia attraverso le erosioni della regione esofagea inferiore e l’assorbimento delle molecole proteiche del latte.
Secondo alcune statistiche nel bambino molto piccolo il 42 % dei casi di RGE è indotto dalle PLV (proteine del latte vaccino).
Suggeriscono il RGE indotto dalle PLV:
a) la familiarità per malattie allergiche,
c) il ritardo della crescita,
d) la mancata risposta alla terapia adeguatamente condotta (ranitidina o omeprazolo e altri “inibitori di pompa”).
Non è necessario eseguire test allergologici perché, come detto nel paragrafo relativo all’allergia al latte, nel reflusso gastroesofageo così come in gran parte delle malattie da allergia al latte che interessano l’apparato digerente, i test sono più spesso negativi, sia quelli eseguiti sulla cute che quelli eseguiti sul sangue. Il vero test è, come sempre in questi casi, l’eliminazione di prova (test di eliminazione) del latte vaccino e la sua risomministrazione, dopo che si è ottenuto un miglioramento significativo. Questa, diciamo così, controprova (test di provocazione) dovrebbe, qualora il latte fosse veramente responsabile dei sintomi, indurre la ricomparsa dei sintomi di malattia da reflusso.
Quando quindi ricorrono quelle condizioni che suggeriscono un ruolo dell’allergia al latte è da eseguirsi direttamente il test di eliminazione delle PLV, preferibilmente con idrolisato totale (NeoCate o Pregomin AS) o anche con idrolisato spinto.
Nel RGE che non risponde al trattamento adeguato, farmacologico, posturale e d’ispessimento della dieta, o nei casi con scarso accrescimento, si deve sempre fare un test d’eliminazione delle PLV.

Come si fa la diagnosi

Per la diagnosi di reflusso gastroesofageo, non è necessario, in prima istanza, alcun accertamento né strumentale né di laboratorio, né sono necessari accertamenti allergologici. La diagnosi di reflusso è clinica ed emerge dall’insieme dei sintomi che il bambino presenta; il medico deve decidere solo se si tratta di reflusso banale o di malattia da reflusso e questo lo si desume dai disturbi che il bambino presenta.
Nella diagnostica del RGE si abusa viceversa di esami strumentali; c’è un’esagerata invasività anche e soprattutto a livello di strutture specialistiche. Un esame spessissimo eseguito, molto popolare al punto che sono gli stessi genitori spesso a richiederlo, è l’ecografia della regione esofago-gatrica. Orbene drasticamente si può affermare che non si deve mai richiedere ed eseguire l’ecografia nella diagnostica del reflusso perché non ha alcuna utilità dal punto di vista operativo. L’ecografia nella diagnostica del RGE ha vari limiti:
– è operatore-dipendente, cioè dipende molto dalle capacità d’interpretazione del medico che la esegue,
– è un test momentaneo, limitato nel tempo. Esso valuta, in altre parole, la presenza dei reflussi dallo stomaco verso l’esofago solo nel periodo limitato di tempo in cui si esegue l’esame. Il reflusso, viceversa, non è costante e non è presente in ogni momento ed è possibile che nei pochi minuti di osservazione con l’ecografo non se ne verifichi nessuno. Può quindi accadere che l’esame sia negativo e magari, non appena terminato, il bambino rigurgita e vomito, dimostrando praticamente che il reflusso dallo stomaco c’è ed eccome!,
– ma anche se l’esame fosse positivo, cioè rilevasse la presenza di reflussi nel periodo in cui viene eseguito, esso per il medico non ha alcuna utilità. Al medico non serve dimostrare la presenza del reflusso, che è già evidente in base al comportamento del bambino, ai rigurgiti, alle eruttazioni, alla ruminazione ecc.; il medico deve decidere solo se si tratta di reflusso banale o di malattia da reflusso e per questo, al contrario, l’ecografia non è discriminante, non è utile.

Quindi l’ecografia non è utile perchè la sua negatività non esclude la presenza di un RGE patologico così come la sua positività non aggiunge nulla a quello che il medico già sa in base alla storia del bambino ed ai suoi sintomi.
L’ecografia della giunzione esofago-gastrica può essere utile, in alcuni casi, per distinguere il RGE dalla stenosi ipertrofica del piloro, altra malattia del bambino molto piccolo che ha, a comune con il reflusso, il vomito come sintomo dominante o per evidenziare un’eventuale ernia dello stomaco al di sopra del diaframma (ernia jatale).
Degli altri esami, eseguibili solo in strutture specialistiche,
– la Phmetria computerizzata non è utilizzabile nei bambini piccoli; la Phmetria inoltre deve essere riservata ai casi di malattia da RGE importanti, complicati.
– con l’esame endoscopico (gastroesofagoscopia) si visualizzano certamente i caratteri della esofagite, ma l’endoscopia non può essere usata in prima battuta e in tutti i casi.

Queste indagini più approfondite presso strutture di livello superiore vanno riservate a casi veramente importanti e non rispondenti alla terapia, ai bambini con complicazioni serie.
Nella pratica ambulatoriale è autorizzato, nel sospetto concreto di malattia da reflusso, un tentativo ex juvantibus (test di prova) con antisecretivi (vedi dopo), senza ulteriori accertamenti.
Il criterio ex juvantibus può essere quindi utile. Per fare diagnosi bisogna però usare i farmaci contrastanti la secrezione acida (ranitidina e cosiddetti inibitori di pompa) e non i procinetici come il Plasil o il Peridon, che regolano i movimenti della parete dello stomaco. La malattia da RGE non si cura con i procinetici: è l’iperacidità nello stomaco che mantiene il reflusso, che dà l’esofagite e gli altri sintomi della malattia.
Quindi, in caso di sospetto reflusso patologico è inutile perder tempo con i procinetici, l’indicazione è per

_ la ranitidina (Ranidil o Zantac 10mg/Kg/die in 2 somministrazioni)
_ o per un inibitore della pompa protonica: omeprazolo (Losec), lansoprazolo (Lansox), esomeprazolo (Lucen).

Il miglioramento dei sintomi, la scomparsa delle crisi di pianto, del rifiuto del latte, con il trattamento confermano il sospetto di malattia da reflusso gastroesofageo. Va rilevato con questo trattamento scompaiono o si riducono i sintomi della malattia da reflusso ma non necessariamente il reflusso stesso: il bambino può continuare a rigurgitare, ad eruttare ecc. ma con il trattamento sta bene e piange come può piangere un bambino “normale”.

Come si cura

Nel reflusso funzionale, nel rigurgitante felice, non si dovrebbe fare alcun trattamento, né farmacologico né con i cosiddetti latti AR, antireflusso. I latti A.R. non sono validi dal punto di vista nutrizionale, sono poveri di grassi e di grassi polinsaturi e il rapporto calcio/fosforo non è adeguato alle esigenze del lattante.Si tratta di latti non adeguati all’ideale nutrizionale; è un trattamento puramente cosmetico, che riduce un evento, il rigurgito, del tutto normale, ma che rappresenta un peggioramento rispetto all’alimentazione normale.
Nei bambini con reflusso funzionale, i rigurgitanti “felici”, che stanno bene, non hanno crisi di pianto anormali e che crescono bene tutto quello che il pediatra dovrebbe fare è rassicurare e tranquillizzare i genitori. Si tratta di un fenomeno del tutto normale, destinato scomparire con l’età e che non significa affatto che il bambino non “digerisca” il latte.

Nella malattia da RGE viceversa il trattamento deve essere fatto e il trattamento con gli antisecretivi va protratto per almeno tre mesi. Tali farmaci non presentano significativi effetti collaterali.
Se alla sintomatologia da RGE si associa uno scarso accrescimento bisogna pensare alla allergia alle PLV: nel RGE se c’è cattiva crescita c’è allergia al latte assunto. L’accrescimento discrimina quindi fra i casi da seguire fin da subito con la sola dieta o meno.
Un altro fattore che deve indurre a pensare alla presenza di una allergia al latte è la mancata risposta al trattamento adeguato o la ripresa dei sintomi dopo un periodo di miglioramento indotto dalla terapia. In tutti questi casi oltre al trattamento con antisecretivi va aggiunta la dieta senza proteine del latte di mucca che in un secondo momento potrà essere, sospendendo i farmaci, il trattamento fondamentale.
La dieta si avvarrà quindi dell’uso di uno dei latti speciali per bambini allergici, preferibilmente gli idrolisati piuttosto che il latte di soia. Non hanno indicazione quindi, nemmeno in questo caso, i latti A.R., che sono fondamentalmente sempre latte di mucca, “lavorato” ma latte di mucca. In conclusioni i latti A.R. sono solo una trovata commerciale che non dovrebbe avere spazio nella dietetica del lattante, con reflusso patologico o no.
Può essere opportuno ispessire il latte, speciale o meno che sia, per renderlo più denso e quindi meno facilmente refluente dallo stomaco verso l’esofago e le vie respiratorie. Questo si può ottenere con prodotti appositi, come il Medigel, o aggiungendo al latte quantità adeguate di creme (di riso, riso, mais e tapioca ecc.). A questo scopo, ridurre il reflusso in quanto tale, possono essere usati i procinetici, fermo restando il concetto che non sono essi i farmaci della malattia da reflusso.
Infine il bambino dovrebbe essere posto non in posizione supina ma su un piano obliquo (terapia posturale) e in questo senso possono essere utili gli “ovetti” nei quali i bambini possono essere benissimo messi a dormire.