Sono utili i “test allergici”?

Se un test negativo non esclude la presenza di allergia ed un test positivo non significa necessariamente allergia è dunque inutile eseguire test allergologici per gli alimenti?No, non è inutile. Bisogna naturalmente conoscerne il significato e i limiti. Non bisogna affidarsi completamente ad essi per la gestione del bambino. Non si deve curare il test ma la allergia: il test è e deve essere considerato un supporto, un aiuto diagnostico con significatività diversa a seconda della storia clinica del bambino, dei sintomi che presenta, di quanto intensa sia la positività di esso.
La storia medica (anamnesi) del bambino, sia familiare che personale è fondamentale. In base ad essa nasce il sospetto diagnostico. Tale sospetto diagnostico deve essere sostenuto da competenze specifiche che permettano di ipotizzare o meno il movente allergico di determinati sintomi. Il medico deve sapere, ad esempio, che è molto improbabile che una diarrea persistente o uno scarso accrescimento in un bambino che abbia superato i due anni possa essere dovuto ad allergia alimentare, al latte in particolare, così come deve sapere che non tutte le eruzioni cutanee che il bambino presenta sono dovute ad “allergia” ma che sostanzialmente solo l’orticaria e la dermatite atopica, che hanno quadri clinici molto caratteristici, possono, ma non sempre è così, essere dovute all’allergia agli alimenti. Viceversa è estremamente frequente vedere bambini alimentati in maniera sempre più restrittiva per malattie della pelle le più diverse e del tutto lontane da quelle due malattie.
Una volta che il medico competente abbia considerato compatibile con una condizione di allergia alimentare i sintomi che il bambino presenta è giustificato che esegua o faccia eseguire dei test, ma è doveroso che nella loro interpretazione consideri i limiti di essi e soprattutto sia dotato di buonsenso. Ovviamente è tanto più probabile che il test esprima una vera allergia quanto maggiormente positivo è il risultato e viceversa. I valori di RAST < 3,5 kU/l o una modesta positività (es +) al test cutaneo più difficilmente sono predittivi di una vera allergia; viceversa tanto più elevati saranno i valori tanto più facilmente i bambini saranno veramente allergici all’alimento. Sono stati da vari studiosi della materia messi a punto dei valori soglia dei test per il latte, l’uovo, il grano, il pesce, al di sopra dei quali c’è praticamente la certezza che quell’alimento sia nocivo al bambino.
D’altra parte in malattie come la dermatite atopica, lo scarso accrescimento, la diarrea, l’asma il medico deve sapere che il test negativo non esclude l’allergia al latte od ad altro alimento potendo, esse, essere legate ad un meccanismo che non prevede l’intervento delle IgE specifiche. In questi casi pertanto saranno altri parametri, l’età del bambino (fattore essenziale!) la familiarità, la coesistenza di altri sintomi, la mancata risposta ad un adeguato trattamento, a far pensare che l’alimento possa essere importante.
Per tutti questi motivi, in ogni caso, va sottolineato che il vero test per la diagnosi di allergia alimentare nel bambino, siano positivi o no gli esami del sangue e le prove cutanee, è il test di eliminazione dell’alimento per uno o due mesi e la sua successiva reintroduzione. Si potrà allora valutare se veramente quel dato disturbo era legato a quel certo alimento attraverso la sua scomparsa prima e la sua ricomparsa dopo, al momento in cui l’alimento viene reintrodotto.