Cosa c’è di nuovo?

Sono passati sei anni da quando questo sito di divulgazione ha avuto la luce. Le statistiche degli accessi sono univocamente positive e le mail che ricevo testimoniano che da un lato esiste una esigenza di conoscere da parte dei genitori, e non solo di essi, e che dall’altro lato, evidentemente, una piccola quota di tali esigenze è da questo sito soddisfatta.

Che cosa è emerso di nuovo in questi ultimi anni? Varie cose, anche importanti.

Ad esempio, è emerso che la dermatite atopica non è dovuta ad allergia alimentare e non migliora con nessuna dieta. L’allergia alimentare se c’è vuol dire che è subentrata in un secondo momento e, in ogni caso, non vanno sospesi gli alimenti nei confronti dei quali il bambino mostra dei test positivi a meno che i sintomi non siano quelli delle reazioni acute, importanti (anafilassi, orticaria acuta, asma, edema della glottide). Si tratta di una rivoluzione rispetto al passato quando era automatica l’equivalenza dermatite atopica = dieta. Anzi sospendere gli alimenti per i quali il bambino presenta test positivi ma che assume regolarmente senza reazioni importanti (ribadiamo che la dermatite atopica non è influenzata dal tipo di alimentazione) oggi appare molto rischioso perché può indurre condizioni di autentica superallergia.

Ancora, ritardare nel lattante lo svezzamento e ritardare la introduzione di alcuni alimenti (esempio uovo, pesce pomodoro arachide ma anche tutti gli altri) non previene le allergie, anzi le facilita. E’ un’altra rivoluzione rispetto a pochi anni fa. I tempi molto rallentati e ritardati dello svezzamento sono stati (e ancora sono per molti pediatri) un dogma incrollabile. La realtà degli studi, ormai molti, ha dimostrato che l’introduzione oltre i 4-6 mesi di alimenti anche fortemente allergenici (come uova, pesce, le stesse noccioline) non previene le allergie. Anzi probabilmente (quasi sicuramente) le facilita. Il bambino, infatti, diventa tollerante agli alimenti mangiandoli, “conoscendoli” per via orale e intestinale. Più si ritarda questa “conoscenza” naturale più si espone al rischio che il lattante contatti l’alimento per altra via, attraverso la pelle o attraverso l’apparato respiratorio. E’ questo tipo di contatto “innaturale” che facilita le allergie alimentari. In altre parole più si ritarda l’introduzione di un alimento nello svezzamento più si espone il lattante al rischio di diventare allergico a quell’alimento. E’ stata l’ossessione dei pediatri per i tempi di introduzione di molti alimenti (uno alla volta, al rallentatore, con tantissimi tabù e tante paure: iniziare a 6 mesi con gli alimenti meno allergizzanti, introdurre latte vaccino non prima di 12 mesi, l’uovo non prima di 24, arachidi, noci e pesce non prima di 36) a creare quella generazione di bambini allergici che tutti conosciamo e vediamo nelle nostre scuole. Non ricordo di miei compagni di classe allergici quando stavo alle elementari: chiedete oggi in qualsiasi scuola.

Altre novità negli ultimi anni riguardano soprattutto i centri di allergologia pediatrica (cosa molto diversa dall’allergologia degli adulti): ad esempio è possibile in molti casi desensibilizzare i bambini allergici agli alimenti. In altre parole, in molti casi si può fare in modo che i bambini allergici possano mangiare, anche se talora solo in piccole quantità, gli alimenti che erano nocivi. Per questi bambini e per i loro genitori uscire dall’angoscia del rischio di una reazione potenzialmente mortale per un’inconsapevole assunzione è praticamente rinascere a vita nuova, e non è una esagerazione.

Si è visto, negli ultimi anni che potrebbe essere possibile, in casi selezionati, per allergici a latte e uovo mangiare il latte e l’uovo cotti o molto cotti. Sono situazioni ovviamente che vanno verificate sempre in centri di allergologia e sotto controllo medico.