Le brutte abitudini che non muoiono mai

Ci sono delle abitudini, comportamenti, modi di fare che non sono cambiati negli ultimi anni. Si tratta spesso di pessime abitudini. I comportamenti negativi, di medici e di pazienti, appaiono quasi intramontabili e, a volte, combatter entro di essi appare quasi inutile. Ma è doveroso sottolineare questi errori o equivoci nella speranza di contribuire, in qualche modo, a contenerli.

Le diagnosi improprie di allergia alimentare sono sempre all’ordine del giorno. Qualsiasi pediatra allergologo può confermare che sono enormemente maggiori le situazioni in cui smentiscono diagnosi di allergia alimentare (con diete, attenzioni, paure, controlli a volte quasi ossessivi) non adeguatamente poste piuttosto che il contrario. Il problema in questi casi è molto spesso quello di vincere l’incredulità di genitori che magari per anni sono stati attenti ad evitare  quel certo alimento, che più volte hanno ripetuto gli esami del sangue, più volte hanno condotto il proprio figlio presso, ad esempio, il noto centro universitario di gastroenterologia pediatrica etc. etc.

La diagnosi di allergia agli alimenti è molto seria e coinvolgente per il bambino e la famiglia e deve essere posta secondo un iter molto rigoroso (vedi l’argomento specifico) dal pediatra con specifica competenza allergologica; non si può porre diagnosi di allergia agli alimenti per la sola dermatite atopica o per il solo test sul sangue positivo o per delle vaghe “macchie sulla pelle” o perché il bambino di 5 anni non cresce e così via.

Anche la terapia dell’allergia alimentare, quando sia reale, è molto seria e non si può continuare a vedere bambini alimentati con latte di capra. Chi prescrive latte di capra ignora semplicemente l’allergologia pediatrica e non sa che latte vaccino (artificiale, in polvere, liquido, di centrale, condensato, a lunga conservazione etc. etc. etc.) e il latte di capra sono quasi identici e se un bambino è veramente allergico al latte non può non avere reazioni importanti anche con il latte di capra. Per fortuna moltissimi bambini etichettati come allergici al latte ed alimentati con latte di capra non sono veramente allergici ma semplicemente gratificati di questa errata etichetta (vedi latte di capra).

Peggio ancora del latte di capra il “latte di riso”. Si badi bene non l’idrolisato di riso (es. Risolac) che è un latte alternativo valido ma proprio i cosiddetti “latti di riso”, come il Chiccolat o il Vitariz, che altro non sono che acqua di cottura del riso, bevande a bassissimo, inesistente, valore calorico. Alimentare un lattante con questo tipo di bevanda determina una condizione di gravissima carenza proteica con sintomi decisamente gravi come ho avuto occasione di constatare molto di recente in una lattantina etichettata, impropriamente (come al solito), come allergica al latte ed alimentata esclusivamente con Chiccolat.

Cosa c’è di nuovo?

Sono passati sei anni da quando questo sito di divulgazione ha avuto la luce. Le statistiche degli accessi sono univocamente positive e le mail che ricevo testimoniano che da un lato esiste una esigenza di conoscere da parte dei genitori, e non solo di essi, e che dall’altro lato, evidentemente, una piccola quota di tali esigenze è da questo sito soddisfatta.

Che cosa è emerso di nuovo in questi ultimi anni? Varie cose, anche importanti.

Ad esempio, è emerso che la dermatite atopica non è dovuta ad allergia alimentare e non migliora con nessuna dieta. L’allergia alimentare se c’è vuol dire che è subentrata in un secondo momento e, in ogni caso, non vanno sospesi gli alimenti nei confronti dei quali il bambino mostra dei test positivi a meno che i sintomi non siano quelli delle reazioni acute, importanti (anafilassi, orticaria acuta, asma, edema della glottide). Si tratta di una rivoluzione rispetto al passato quando era automatica l’equivalenza dermatite atopica = dieta. Anzi sospendere gli alimenti per i quali il bambino presenta test positivi ma che assume regolarmente senza reazioni importanti (ribadiamo che la dermatite atopica non è influenzata dal tipo di alimentazione) oggi appare molto rischioso perché può indurre condizioni di autentica superallergia.

Ancora, ritardare nel lattante lo svezzamento e ritardare la introduzione di alcuni alimenti (esempio uovo, pesce pomodoro arachide ma anche tutti gli altri) non previene le allergie, anzi le facilita. E’ un’altra rivoluzione rispetto a pochi anni fa. I tempi molto rallentati e ritardati dello svezzamento sono stati (e ancora sono per molti pediatri) un dogma incrollabile. La realtà degli studi, ormai molti, ha dimostrato che l’introduzione oltre i 4-6 mesi di alimenti anche fortemente allergenici (come uova, pesce, le stesse noccioline) non previene le allergie. Anzi probabilmente (quasi sicuramente) le facilita. Il bambino, infatti, diventa tollerante agli alimenti mangiandoli, “conoscendoli” per via orale e intestinale. Più si ritarda questa “conoscenza” naturale più si espone al rischio che il lattante contatti l’alimento per altra via, attraverso la pelle o attraverso l’apparato respiratorio. E’ questo tipo di contatto “innaturale” che facilita le allergie alimentari. In altre parole più si ritarda l’introduzione di un alimento nello svezzamento più si espone il lattante al rischio di diventare allergico a quell’alimento. E’ stata l’ossessione dei pediatri per i tempi di introduzione di molti alimenti (uno alla volta, al rallentatore, con tantissimi tabù e tante paure: iniziare a 6 mesi con gli alimenti meno allergizzanti, introdurre latte vaccino non prima di 12 mesi, l’uovo non prima di 24, arachidi, noci e pesce non prima di 36) a creare quella generazione di bambini allergici che tutti conosciamo e vediamo nelle nostre scuole. Non ricordo di miei compagni di classe allergici quando stavo alle elementari: chiedete oggi in qualsiasi scuola.

Altre novità negli ultimi anni riguardano soprattutto i centri di allergologia pediatrica (cosa molto diversa dall’allergologia degli adulti): ad esempio è possibile in molti casi desensibilizzare i bambini allergici agli alimenti. In altre parole, in molti casi si può fare in modo che i bambini allergici possano mangiare, anche se talora solo in piccole quantità, gli alimenti che erano nocivi. Per questi bambini e per i loro genitori uscire dall’angoscia del rischio di una reazione potenzialmente mortale per un’inconsapevole assunzione è praticamente rinascere a vita nuova, e non è una esagerazione.

Si è visto, negli ultimi anni che potrebbe essere possibile, in casi selezionati, per allergici a latte e uovo mangiare il latte e l’uovo cotti o molto cotti. Sono situazioni ovviamente che vanno verificate sempre in centri di allergologia e sotto controllo medico.

Dieta nell’allergia al nickel: mito o realtà?

La dieta senza nickel è “di moda”. Moltissime persone allergiche seguono diete a basso contenuto di nickel. Ma gli studi scientifici cosa dicono? Perché non tutti sono d’accordo? Perché i risultati sono così diversi? Perché le diete prescritte differiscono da medico a medico?
La valutazione degli studi scientifici su questo argomento porta a conclusioni sconfortanti: tanto rumore per (quasi) nulla.
Le conclusioni (file PDF) sono riportate sul sito della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica.

Le facili diagnosi di allergia alimentare

Penso che il 60-70% almeno dei bambini considerati e trattati come allergici agli alimenti, in particolare al latte vaccino, in realtà non abbia alcuna malattia allergica. Praticamente tutti i giorni, nella pratica professionale, capita di vedere bambini a dieta senza latte e derivati, e spesso senza altri alimenti, a volte anche da anni, per motivazioni del tutto improprie. A volte basta una piccola eruzione cutanea, del tutto banale, per indurre la diagnosi di allergia al latte e per fare iniziare faticose (e costose) diete con latti speciali. Altre volte un test allergico sul sangue, magari eseguito per motivazioni del tutto non attinenti, costringe piccoli bambini che hanno sempre assunto, e senza problemi, degli alimenti a privarsene spesso per tempi lunghissimi. E ormai non sono solo i pediatri a diagnosticare l’allergia nei bambini. L’allergia alimentare è ormai una “moda” e sovente sono le amiche, i parenti, semplici conoscenti a sentirsi autorizzati ad affermare, con il tono di chi è assolutamente padrone della materia, “questo bambino è sicuramente allergico al latte!”. Talora queste persone hanno avuto esperienze personali in tal senso ma spesso, anche per i loro bambini, la diagnosi era stata malposta e affrettata. Conosco un collega otorino che pone sistematicamente diagnosi di allergia al latte, per quasi ogni problema che gli viene posto e per bambini di ogni età, soltanto per la secchezza della loro pelle (la cosiddetta xerosi cutanea). Leggi tutto “Le facili diagnosi di allergia alimentare”

Perché il pediatra

La gestione del bambino allergico è una competenza specifica del pediatra allergologo perché specifiche sono le patologie e specifico dell’età pediatrica è il loro trattamento dietetico o farmacologico. I piccoli bambini, ad esempio, hanno molto più frequentemente dell’adulto problemi di allergia alimentare; inoltre diversi rispetto agli adulti sono gli alimenti responsabili e i quadri morbosi ad essi correlati. Nei bambini l’allergia alimentare riguarda soprattutto il latte e l’uovo e i sintomi possono essere estremamente vari e riguardare vari apparati. Per tali ragioni la allergia alimentare è chiamata la “grande trasformista”. Nell’adulto viceversa la vera allergia alimentare, oltre ad essere meno frequente, riguarda soprattutto i vegetali in soggetti già allergici ai pollini e si manifesta prevalentemente con sintomi a carico della bocca e del palato. E’ ovvio, inoltre, che la gestione dietetica di un piccolo bambino allergico, ad esempio, al latte vaccino (latte artificiale, latte di centrale, latte di mucca fresco e tutti i derivati del latte di mucca) richiede competenze specifiche sia per quanto riguarda i cosiddetti latti alternativi sia nella strutturazione di schemi alimentari che consentano l’evitamento degli alimenti dannosi e permettano un adeguato apporto nutrizionale. Leggi tutto “Perché il pediatra”