Fino a che punto è normale

Orbene questi episodi ricorrenti di febbre, raffreddore e tosse (le cosiddette infezioni respiratorie ricorrenti), sono nella stragrande maggioranza dei casi un fenomeno del tutto normale. E’ normale che un bambino che frequenta l’asilo si possa ammalare anche una volta al mese: nel periodo di maggiore frequenza, cioè da ottobre ad aprile-maggio questi bambini in questo modo socializzati possono ammalarsi, senza che la cosa rappresenti un indice di malattia particolare, fino ad otto volte per i bambini sotto i tre anni e fino a sei per i bambini oltre i tre anni. Se si tiene conto che ogni episodio di infezione respiratoria alta può dare anche 5-6 giorni di febbre e anche 10-15 giorni di tosse, si spiega facilmente come apparentemente tali bambini passino da una infezione all’altra senza soluzione di continuità. A volte bambini che sono stati tenuti a casa per una o due settimane si riammalano immediatamente quando tornano all’asilo dando ai genitori ed ai nonni la sensazione di una loro particolare fragilità. Tuttavia, come detto, questo ripetersi apparentemente continuo di infezioni respiratorie interessa bambini del tutto normali.
Sono molto rari i casi in cui il problema ha caratteri preoccupanti: ci si deve preoccupare e cercare una motivazione patologica nel ripetersi delle infezioni se il numero di esse è sensibilmente superiore ai limiti numerici della normalità, se nel periodo intervallare fra un episodio e l’altro le condizioni generali del bambino, la sua vivacità, il suo umore non appaiono del tutto recuperati, se, infine, le infezioni ricorrenti non interessano esclusivamente le alte vie respiratorie ma compromettono anche le basse vie, in altre parole se il bambino presenta frequenti broncopolmoniti.

Quali sono le cause

Qualsiasi genitore che accompagni usualmente il proprio bambino all’asilo può rilevare che una buona metà dei bambini è normalmente assente, sono i piccoli malati rimasti a casa, e che dei presenti una buona quota è costituita da bambini “raffreddati”, con tosse, naso che cola ecc.Il motivo di questa particolare suscettibilità dei bambini dell’asilo alle infezioni respiratorie sta nella loro stessa età e nel loro stesso stare insieme. Si tratta di piccoli bambini con capacità di difesa nei confronti delle infezioni (“difese immunitarie”) ancora non del tutto sviluppate, inseriti in una comunità dove la circolazione degli agenti responsabili di malattie, virus in testa, è notevole ed in cui, quindi, sono continuamente esposti all’aggressioni da parte di questi “agenti patogeni”. Ovviamente molte volte questa aggressione avrà la meglio ed il virus o il microbo, vincendo le non forti resistenze del bambino, riuscirà a dare la malattia. I fattori fondamentali responsabili delle ricorrenti infezioni respiratorie del piccolo bambino sono dunque l’età del bambino, con le difese immunitarie tuttora in via di evoluzione, e la sua socializzazione, cioè l’esposizione a molteplici e ripetute aggressioni, soprattutto virali. Lo stare insieme a tanti altri bambini fa sì che il nostro piccolo sia raggiunto in maniera pressoché continua da virus, trasmessi dai coetanei, con i quali non ha ancora avuto contatti e nei confronti dei quali, quindi, non ha ancora potuto sviluppare appropriate “armi di difesa”. Ma c’è di più: ogni infezione virale che il bambino contrae causa un impoverimento ulteriore delle sue capacità di difesa, una transitoria depressione immunitaria. Per tale motivo ogni infezione facilita la successiva, in una specie di vortice. Il bambino che è rimasto in casa perché malato non ha avuto ancora il tempo di riacquisire, dopo l’infezione, un adeguato livello di difesa, di superare la depressione immunitaria che il virus ha determinato, quando viene ricondotto all’asilo e riesposto, in questo stato di debolezza, a nuove ulteriori aggressioni. Invariabilmente si riammala, ha una nuova ulteriore riduzione delle difese e, quindi, al ritorno all’asilo una nuova infezione……e così via in un circolo vizioso spesso sempre più stretto fino a che, con la massima disperazione dei genitori, a volte sembra che basti che rimettano il naso, anche per un solo giorno, nell’asilo per riammalarsi!
In questi bambini è praticamente inutile cercare una causa al di fuori della loro età e della frequentazione dell’asilo. Non sono praticamente mai “immunocarenti” nel senso medico del termine, non hanno praticamente mai mancanza di “anticorpi”: le loro capacità di difesa sono semplicemente quelle appropriate all’età e si stanno evolvendo. Succede spesso invece che sottoposti ad esami di laboratorio vengano etichettati come “poveri di anticorpi”. Spesso non viene considerato che nel piccolo bambino i livelli di questi anticorpi sono naturalmente e fisiologicamente più bassi di quelli degli adulti e che, spesso, sono i valori degli adulti quelli che sono posti come riferimento nei referti delle analisi. Ancora talora non si considera che anche quando un autentico deficit degli anticorpi viene rilevato, come nel caso delle cosiddetti IgA, esso potrebbe non essere causa di infezione ma semplice conseguenza della infezione virale stessa.
Un’altra motivazione che spesso viene addotta, oltre al deficit delle difese immunitarie, è quella delle “tonsille malate”. Abbiamo già visto che le tonsille in realtà non c’entrano affatto: non sono loro responsabili di questo ammalarsi frequente dei bambini dell’asilo anche se, spessissimo, come vedremo, sono imputate di ogni cosa e condannate all’estirpazione.

Che importanza ha l’allergia?

Questi bambini che si “ammalano spesso” molte volte sono condotti dal pediatra allergologo. Il naso continuamente chiuso e colante, la tosse che apparentemente non passa mai, gli episodi di bronchite asmatiforme inducono genitori e pediatri di base a ipotizzare un ruolo dell’allergia in questo loro ammalarsi. In alcuni casi, ma certamente meno frequentemente di quanto si pensi, questi bambini sono veramente allergici e lo sono soprattutto alla polvere domestica, o meglio agli acari presenti nella polvere di casa. Essere allergici alla polvere (o ai gatti o alle muffe) può infatti essere alla base di episodi ricorrenti di broncospasmo anche quando con tutta evidenza essi sono associati all’infezione da virus. Infatti anche nel bambino francamente allergico la maggior parte degli episodi di asma, o broncospasmo o bronchite asmatiforme che dir si voglia, sono scatenati dalle infezioni virali che trovano nei bronchi persistentemente infiammati per l’esposizione agli acari allergizzanti una condizione essenziale per scatenare le crisi. I bambini allergici, dunque, se frequentano l’asilo hanno più facilmente episodi acuti di tosse, affanno e respiro fischiante rispetto ad altri bambini, altrettanto allergici, non esposti alle infezioni virali. Non solo: essere allergici ed essere esposti continuamente alla sostanza allergizzante, ad esempio appunto agli acari della polvere, fa sì che la parete delle vie respiratorie produca delle sostanze (“molecole di adesione”) che facilitano l’attacco alla parete stessa dei virus e quindi l’infezione. In altre parole il bambino allergico più facilmente del bambino non allergico tende ad ammalarsi di infezioni virali e queste infezioni virali sono, nello stesso bambino allergico, il fattore scatenante degli attacchi di asma. Un altro circolo vizioso per interrompere il quale è opportuno che il bambino con asma non frequenti l’asilo.
Naturalmente non tutti i bambini che si ammalano spesso sono allergici, anzi gli allergici sono soltanto una quota minoritaria. Non sono allergici quei bambini, la maggior parte, che presentano ripetutamente febbre, raffreddore, tosse, senza altri sintomi. Possono essere allergici quelli che hanno ripetuti episodi di bronchite asmatiforme, ma non tutti!. I due terzi dei bambini con bronchite asmatiforme (o “broncospasmo”) ricorrente, infatti non sono allergici ma sono soltanto bambini che costituzionalmente hanno un diametro ridotto dei bronchi per cui quando la parete di essi si gonfia per l’infezione virale questo diametro si riduce ulteriormente fino a determinare il respiro sibilante, cioè quel fischio che si può talora avvertire direttamente con l’orecchio. Questi bambini con asma, non allergici, sono destinati a guarire con il tempo, man mano che crescendo il diametro dei bronchi aumenta. Ad una certa età, pur raffreddandosi, non avranno più la bronchite asmatiforme. E’ quello che una volta permetteva di dire che spesso l’asma passa con l’età.
Non è quello che succede, al contrario, a quel terzo di bambini con broncospasmo ricorrente veramente asmatici. Questi bambini si possono individuare per una serie di fattori: spesso hanno genitori o fratelli allergici, talora hanno la dermatite atopica o il raffreddore allergico, talora hanno una storia alle spalle di problemi di accrescimento o di diarrea cronica, a volte hanno un aspetto particolare con pelle secca, pallore del volto, occhiaie. In questi bambini è giusto ricercare l’allergia con test sulla cute.

Cosa fare?

Nella stragrande maggioranza dei casi nulla se non tranquillizzare i genitori.La stragrande maggioranza dei bambini che si ammalano spesso non ha nulla, se non la propria età e lo stare all’asino nido o alla scuola materna. Le infezioni virali ricorrenti sono una specie di tassa da pagare alla socializzazione del bambino ed alle necessità dei genitori che lavorano. D’altra parte si tratta, come ripetutamente detto, nella stragrande maggioranza dei casi di infezioni banali, benigne, senza complicazioni che, essendo squisitamente virali, non necessitano di alcun trattamento con antibiotici.
In casi particolari, ma solo in essi, può essere opportuno eseguire accertamenti allergologici, quando la storia familiare e personale del bambino, la concomitanza di patologie cutanee o dell’apparato digerente, segni particolari come quelli precedentemente indicati, fanno ipotizzare una componente allergica.
Accertamenti di laboratorio più approfonditi devono essere riservati esclusivamente a quei casi, molto rari, nella pratica ambulatoriale quotidiana, di infezioni estremamente frequenti o di infezioni ricorrenti (non per il caso unico o quasi) della basse via respiratorie (broncopolmoniti, broncopolmoniti recidivanti sempre nella stessa zona dei polmoni ecc.).

Che cosa non fare?

– Dare sempre gli antibiotici: le infezioni ricorrenti del bambino socializzato sono soprattutto infezioni da virus che non richiedono antibiotici a meno che i sintomi non siano tali da far pensare ad una complicazione sostenuta da microbi o a meno che non sia presente un’otite in bambino sotto i due anni o una rinosinusite acuta.
– Accertamenti radiografici e di laboratorio a raffica, esami su esami: nelle infezioni ricorrenti respiratorie alte, cioè quasi sempre, sono del tutto inutili. Possono essere addirittura fuorvianti e controproducenti. E’ del tutto inutile ed estremamente pericoloso, infatti, richiedere alcuni esami come il TAS e il tampone faringeo. Quasi sempre inutile il dosaggio degli anticorpi.Perché può essere “pericoloso” eseguire questi esami? Perché oltre a non avere alcuna relazione con il problema in esame, qualora non giustamente interpretati possono creare falsi problemi ed indurre a trattamenti inutili e ripetuti ed ad ulteriori accertamenti altrettanto inutili e ripetuti.
Il tampone faringeo è inutile perché il microbo che si va a ricercare con esso, lo streptococco _ emolitico di gruppo A (SBEA) non ha nulla a che vedere con le infezioni respiratorie ricorrenti. Ancor meno a che vedere con esse hanno altri microbi (stafilococco aureo, pseudomonas ecc.) eventualmente individuati dal tampone: questi ultimi infatti qualora reperiti dal tampone non vanno considerati come causa o potenzialmente causa di malattia ma soltanto come dei normali abitatori (“saprofiti”) della regione faringotonsillare. In altre parole lo SBEA è l’unico microbo in grado di dare tonsillite o faringotonsillite acuta (ma non infezioni coinvolgenti anche il naso, laringe, trachea cioè con tosse naso chiuso o colante, voce bassa ecc.: cioè le infezioni respiratorie di cui si sta parlando). Tutti gli altri microbi eventualmente trovati non sono in grado di dare malattia ma si possono ritrovare semplicemente perché in quella sede, cioè la regione delle tonsille e del faringe, possono normalmente abitarci. Quante volte tuttavia capita di vedere trattamenti antibiotici lunghi e protratti per………cacciare di casa questi microbi che, in questa sede, sono del tutto innocenti!
Tornando allo SBEA e ribadendo che esso non è mai responsabile delle infezioni delle alte vie respiratorie ma solo di una parte delle faingotonsilliti “pure”, il rischio che si corre eseguendo impropriamente in questi bambini il tampone faringeo è che esso venga positivo. Vale a dire che questo microbo, pur non essendo assolutamente responsabile delle infezioni indifferenziate delle alte vie respiratorie, che sono, come detto, squisitamente virali, potrebbe essere casualmente trovato dal tampone. Questo è possibile perché il 30% circa dei bambini ha normalmente in gola (“portatori sani o cronici”) lo SBEA senza che questo dia alcunché. Questi bambini non devono essere trattati con antibiotici prima di tutto perché questi streptococchi non sono patogeni, cioè non sono in grado di dare l’infezione e la malattia, ed in secondo luogo perchè quando non sono patogeni non sono assolutamente sensibili agli antibiotici somministrati e quindi non possono scomparire! L’unico motivo per eseguire il tampone faringeo ad un bambino è la faringotonsillite “vera” acuta in atto: cioè il tampone va fatto al bambino con febbre, dolore ad inghiottire, gola e tonsille rosse per vedere se questa malattia è dovuta allo SBEA, come si verifica in un terzo dei casi, nel qual caso è giusto che il bambino assuma gli antibiotici indicati, oppure, se il tampone è negativo, se si tratta di una virus, come si verifica nei due terzi dei casi. In questo caso nessuna trattamento antibiotico deve essere fatto. Mai e poi mai il tampone deve essere eseguito sul bambino soltanto perché si ammala spesso e fuori dell’episodio acuto di vero, e sottolineo vero, mal di gola.
Quante volte, viceversa, i bambini con infezioni ricorrenti delle alte vie sono trattati con antibiotici per tamponi positivi, e quante volte al controllo il tampone, giustamente, resta ancora positivo malgrado il trattamento, inducendo ad ulteriori terapie più aggressive e più traumatizzanti. Quante volte, infine, questi bambini dopo numerosi trattamenti e numerosi controlli vengono inviati, ulteriore errore, dall’otorino ritenendo la non scomparsa del microbo espressione di grave infezione cronica delle tonsille. Quante volte alla fine queste povere innocenti, dopo altri trattamenti, altri controlli, vengono estirpate!
Lo SBEA ricercato con il tampone non ha dunque nulla a che fare con il bambino che sta sempre male con febbre, tosse e raffreddore e meno che mai ha a che fare con esso il TAS. Se il tampone positivo per lo streptococco può esprimere, ma non sempre!, una infezione acuta in atto il TAS è viceversa praticamente sempre espressione di una infezione da streptococco antica nel tempo, passata. Quindi non solo esprime un’infezione di un microbo che non è mai responsabile del problema del bambino che va all’asilo e si ammala spesso, ma addirittura esprime solo il ricordo che l’infezione di questo microbo ha lasciato nell’organismo. Il TAS, infatti, misura non l’infezione in atto ma gli anticorpi che l’organismo ha prodotto nel passato contro questa infezione e che sono restati e resteranno per molto tempo nel sangue. Il TAS di per sé quindi non significa infezione né acuta né cronica delle tonsille, non significa reumatismi o quant’altro. E’ un esame che nella pratica quotidiana non dovrebbe mai essere eseguito perché di nessuna utilità dal punto di vista operativo e foriero, se mal interpretato, come spessissimo avviene, di pratiche di pessima medicina.
Viene da sé, infine, che tra le cose da non fare di fronte ad un bambino che si ammala spesso è consultare l’otorino. Il problema non riguarda, infatti, l’otorino non essendoci alla base nessun “difetto” o “malattia” particolare del settore orecchio naso e gola ma trattandosi di una situazione quasi fisiologica legata alla situazione immunitaria propria del bambino di quella età. In secondo luogo, purtroppo, spesso gli otorini consultati non hanno una visione “pediatrica” del problema ed essendo sostanzialmente chirurghi finiscono quasi sempre per responsabilizzare le tonsille e per asportarle. Il tutto, ancor peggio, dopo ripetute inutili analisi e analisi di controllo (tampone, TAS ecc.) e dopo, spesso, assurdi trattamenti con iniezioni bi-trisettimanali di penicillina. Le infezioni respiratorie ricorrenti del bambino piccolo sono soprattutto virali e non si prevengono con la penicillina; la penicillina non può “curare” il TAS perché non si tratta di una infezione ma del ricordo di una passata e del tutto superata infezione; le iniezioni di penicillina in pediatria hanno come unica indicazione la prevenzione delle ricadute del reumatismo articolare acuto nel bambino che ha avuto un vero reumatismo articolare acuto e non qualcosa di “regalato” per un TAS alto, qualche vago dolore muscolare o osseo, qualche vago accenno a soffi cardiaci più o meno innocenti.

Sono utili i “vaccini”?

Si discute molto sulla utilità dei cosiddetti “vaccini antibatterici” e degli immunostimolanti che, tuttavia, sovente, anche per le pressanti richieste dei genitori indottrinati da parenti ed amici, vengono prescritti a questi bambini. Orbene nessuno studio eseguito dimostra la reale efficacia di questi trattamenti; il più favorevole di essi appare dimostrare che somministrando continuativamente per molti mesi uno di questi prodotti ai bambini si poteva ottenere una riduzione delle infezioni in misura non superiore al 16%. Una riduzione veramente modesta a fronte di una trattamento molto protratto nel tempo ed interessante tutto il periodo critico e non solo alcuni mesi prima della stagione invernale come usualmente viene eseguito nella pratica quotidiana. Orbene questo studio, il più favorevole come detto, oltre al limite di non deporre per un miglioramento veramente significativo e determinante della situazione pecca di un grave difetto di base: è stato fatto all’interno della stessa ditta produttrice! La maggior parte degli studiosi non riconoscono a questi trattamenti una vera significatività e d’altro canto ciò non dovrebbe sorprendere: il bambino con infezioni respiratorie ricorrenti è, dal punto di vista delle capacità immunologiche del tutto adeguato. Non c’è alcun bisogno che il suo sistema immunitario venga “stimolato”.

C’entrano le tonsille?

Abbiamo ripetutamente detto che le tonsille non sono responsabili delle infezioni respiratorie ricorrenti e sono semplicemente coinvolte, come il naso, il faringe, la laringe, la trachea, talora le orecchie, talora i seni paranasali, in un processo di infezione più largo e generalizzato. Probabilmente se fosse stato altrettanto facile da parte degli otorinolaringoiatri asportare il naso o il faringe si sarebbe venuta a creare non la tradizione popolare che togliendo le tonsille il bambino non si ammala più ma quella che togliendo il naso ogni infezione del bambino piccolo scompare!
Esiste certamente un tipo di malattie che riguarda le tonsille ma non si tratta delle manifestazioni più frequenti e più classiche del bambino dell’asilo nido e della scuola materna.Le tonsilliti
Sono tonsilliti “vere” le tonsilliti pure caratterizzate da febbre e da dolore alla deglutizione. Non sono tonsilliti pure le iperemie della regione faringotonsillare, le “gole rosse”, associate a segni di infezione virale delle alte vie quali raffreddore e tosse. Se c’è raffreddore e tosse non si tratta di vera tonsillite.
Anche in caso di tonsilliti vere, in ogni caso, le indicazioni all’intervento chirurgico sono codificate e sono le seguenti:
_ 7 o più episodi di tonsilliti vere in un anno o 5 l’anno per due anni o 3 l’anno per tre anni;
_ Ascesso peritonsillare;
_ Grave ipertrofia adenotonsillare con insufficienza respiratoria;
_ Tumore tonsillare.
Al di fuori di queste situazioni non c’è indicazione all’intervento.
Si tratta di situazioni di relativa notevole rarità che contrastano con l’abuso frequente dell’intervento di tonsillectomia.
A corollario di ciò va sottolineato che non esistono criteri obiettivi che depongano per una condizione di tonsillite cronica (tra l’altro negata dalla maggior parte degli autori): le tonsille “brutte”, le tonsille “grosse”, le tonsille “criptiche” sono varianti sempre nell’ambito della normalità e non esprimono una condizione di malattia, così come la famigerata manovra di spremitura tonsillare non esprime la presenza di materiale purulento ma soltanto di materiale caseoso (detriti cellulari, cellule di sfaldamento, detriti alimentari). Né esistono esami di laboratorio che esprimano una condizione di tonsillite cronica; tutt’altro significato ha, infatti, il TAS il quale è espressione, semplicemente, di una produzione di anticorpi a seguito di una precedente, anche molto lontana nel tempo, infezione da streptococco _ emolitico di gruppo A (SBEA). Molti autori ritengono che il TAS sia in realtà un esame da non chiedere mai.
Tutto ciò induce a ritenere che la straordinaria maggioranza degli interventi di tonsillectomia sia ingiustificata.
Le uniche indicazioni all’intervento di tonsillectomia sono dunque quelle summenzionate.
Va per altro rilevato che molto spesso le tonsilliti “vere” autenticamente ricorrenti (evenienza statisticamente molto rara) riconoscono come causa un virus chiamato adenovirus il quale non verrebbe prontamente eliminato a livello delle tonsille, ma resterebbe in quella sede e darebbe, ogni tanto, delle nuove infezioni.
In questo caso, trattandosi di tonsilliti “vere” ricorrenti secondo i criteri precedentemente descritti ci sarebbe una effettiva, legittima indicazione alla tonsillectomia. Tuttavia tali tonsilliti recidivanti da adenovirus, che sono in pratica semplicemente quelle che non rispondono ad uno, massimo due giorni, di antibiotico, possono essere trattate anche con una sola somministrazione serale di cortisone per bocca. Tale trattamento è molto efficace ed usualmente il bambino si sveglia al mattino dopo senza febbre e dolore.
Abbiamo già detto del problema del tampone faringeo. Il tampone, come detto, ha una sola indicazione: la faringotonsillite acuta “vera” in atto. Infatti, in tale caso è importante distinguere le forme virali (soprattutto da adenovirus e da virus di E.B.), che sono la maggior parte (circa i 2/3), dalle forme batteriche (sostenute sostanzialmente in maniera esclusiva dallo streptococco _ emolitico di gruppo A) per decidere circa la necessità di istituire un trattamento antibiotico o no.
Al di fuori di tale indicazione non ne esistono altre ad eccezione della ricerca dello stato di portatore in bambini in comunità ove sia in corso un’epidemia di scarlattina o di altre infezioni da SBEA.
Non sono dunque indicazioni all’esecuzione del tampone, ribadiamo, le Infezioni Respiratorie Ricorrenti che rispondono a tutt’altre motivazioni e sono sostanzialmente sostenute da infezioni virali; non rappresenta indicazione la grandezza delle tonsille; non va ricercato né “curato” lo stato di portatore di streptococco _ emolitico di gruppo A. Infatti, una gran percentuale di bambini è abitualmente portatrice del germe in orofaringe, o perché portatori cronici (circa 20 %), dopo un episodio acuto, o perché portatori sani (circa 15 %), senza che questo fatto si associ ad alcuna patologia. Il portatore, inoltre, non dissemina lo SBEA: è solo il soggetto malato che dissemina il germe.
Neppure deve essere eseguito il tampone “di controllo” dopo il trattamento antibiotico: i casi mancata eradicazione non vanno perseguitati con altri trattamenti antibiotici ed altri controlli, ma considerati semplicemente dei portatori sani.
Va rilevato inoltre il fatto che lo SBEA è l’unico agente batterico potenzialmente patogeno per il distretto faringotonsillare; tutti gli altri germi eventualmente individuati dal tampone (es. stafilococco aureo) sono solo dei saprofiti, normali abitatori, che non richiedono alcun trattamento.

Errori comuni

1. Curare il TAS. Il titolo elevato non esprime l’esistenza di una infezione ma soltanto un livello anticorpale, il “ricordo” nel sangue di una antica infezione.2. Richiedere il TAS. La determinazione dl titolo antistreptolisinico (TAS) ha come unica indicazione la dimostrazione di una origine streptococcica nel reumatismo articolare acuto. In questo caso sono necessari due prelievi per dimostrare l’incremento del livello nel tempo.

3. Dare antibiotici a soggetti allergici agli acari con il faringe iperemico (“gola rossa”). L’iperemia è dovuta alla infiammazione indotta dall’inalazione degli acari. In caso di vera infezione c’è la febbre. Il bambino con la gola sempre rossa potrebbe essere quindi un bambino allergico per il quale potrebbe sussistere l’indicazione all’esecuzione di prick test.

4. Trattare il portatore sano di SBEA. Il 15% dei bambini è portatore sano e non necessita di trattamento. Unica eccezione i portatori in comunità ove sia in corso una epidemia di scarlattina o di altre infezioni da SBEA.

5. Cercare lo SBEA nelle infezioni respiratorie ricorrenti. Unica indicazione all’esecuzione del tampone faringotonsillare è la tonsillite pura, acuta, in atto, per distinguere le forme batteriche (sostanzialmente solo da SBEA) necessitanti di trattamento antibiotico dalle forme virali (adenovirus, EBV).

6. Eseguire il tampone “di controllo” dopo il trattamento antibiotico. I casi di mancata eradicazione non vanno “perseguitati” ma considerati portatori sani.

7. Curare la tonsillite da SBEA con il macrolide. Le resistenze ai macrolidi sono ormai molto elevate. L’antibiotico di prima scelta deve essere la penicillina semisintetica o le cefalosporine. La sola indicazione all’uso del macrolide nell’infezione da SBEA è l’infezione intracellulare.

8. Fare la profilassi delle IRR con la benzatin-penicillina (Wycillina, Diaminocillina). Le IRR sono sostanzialmente delle virosi.

Schemi di alimentazione

Schemi di alimentazione senza proteine del latte vaccino, senza uovo, senza latte e uovo, senza glutine (file in formato PDF).

L’allergia alimentare. Che cos’è

La definizione scientifica di allergia alimentare è quella di una “reazione avversa agli alimenti mediata da un meccanismo immunologico”. La differenza rispetto alle cosiddette intolleranze è che in queste ultime il meccanismo è diverso. Per esempio l’intolleranza al lattosio non è una allergia perchè responsabile di tale patologia, molto frequente nell’adulto e nel bambino più grandicello, è un difetto della digestione del lattosio, zucchero del latte, dovuto alla perdite, con l’età, delle sostanze (enzimi) che ne permettono la digestione.Meccanismo immunologico significa che l’alimento è in grado di determinare nell’organismo (si tratta in genere di persone con una predisposizione genetica) una serie di processi (produzione di particolari anticorpi, attivazione di cellule particolari etc.) che poi esitano in una reazione di vario tipo. A seconda del tipo di meccanismo responsabile le reazioni potranno essere immediate, anche pericolose, come ad esempio lo shock anafilattico (meccanismo di tipo I o reazioni IgE mediato) o lente, ritardate, meno violente, come ad esempio molte malattie gastrointestinali (meccanismo di tipo IV o reazioni cellulo-mediate).
Nell’età pediatrica sono importanti ambedue i tipi di reazioni: le prime, ovviamente, perché potenzialmente pericolose anche per la vita e pertanto necessitanti di molteplici particolari attenzioni, le seconde perché rappresentano una larga fetta delle problematiche allergologiche del lattante (diarrea persistente, modesto accrescimento, insonnia, stipsi, coliche, reflusso gastroesofageo, in parte la dermatite atopica) e, come si vedrà in seguito, non permettono di avvalersi di test per la diagnosi di laboratorio e strumentale. Unica eccezione è l’intolleranza al glutine o celiachia, allergia cellulo-mediata, che prevede la possibilità di una diagnosi di laboratorio attraverso la determinazione nel siero dei pazienti di autoanticorpi particolari (antitransglutaminasi, antiendomisio, antigliadina).