Come ci si deve comportare quando si è allergici alle muffe?

Ambiente esterno

  • Ricordarsi che la massima concentrazione di spore nell’aria si verifica alla fine dell’estate e all’inizio dell’autunno.
  • Evitare aree con presenza di vegetali in decomposizione.
  • Evitare di fare passeggiate nei boschi o di spazzare foglie cadute da molto tempo. Evitare il contatto con cataste di legna, mucchi di foglie e vegetazione che marcisce.
  • Tenersi lontano da ambienti abitati solo occasionalmente (seconde case), e anche da cantine, stalle e serre.
  • Utile, per i lavoratori, l’uso di mascherine nell’ambiente di lavoro.
  • In auto usare l’aria condizionata.

Ambiente interno

  • Quando si soggiorna in casa, arieggiare frequentemente i luoghi in cui si osserva una crescita di muffe. Se c’è muffa in una stanza tenere le finestre aperte.
  • Viceversa per ridurre l’infiltrazione di spore tenere le finestre chiuse.
  • Aumentare la ventilazione e ridurre l’umidità. Per i casi importanti di umidità (infiltrazioni, umidità ascensionale) rivolgersi a ditte specializzate.
  • In alcune situazioni può essere utile l’uso di deumidificatori, ma i risultati non sono sicuri.
  • Evitare tappeti e moquette.
  • Fare attenzione alle carte ed alle stoffe da parati perché sono un luogo di crescita usuale delle muffe.
  • Pulire spesso gli impianti di condizionamento dell’aria e cambiarne i filtri regolarmente.
  • Usare l’aspirapolvere.
  • Ridurre le piante in casa.
  • Evitare libri e giornali.
  • Evitare l’accumulo in casa di acqua stagnante.
  • Þ   Se necessario usare un disinfettante per l’igiene della casa ad azione fungicida.
  • Usare la candeggina al 5% (varechina) per la pulizia delle tende doccia e dei contenitori nel frigo. Candeggina può essere spruzzata, mescolata ad acqua e con uno spruzzatore, sulle chiazze di muffa sulle pareti.
  • Eliminare alimenti conservati a lungo o ammuffiti.
  • Non mangiare alimenti che contengono muffe (funghi, sottaceti, maionese, ketchup, formaggi stagionati, salumi, carne e pesce affumicati, conserve, frutta secca).

Il respiro sibilante

E’ evenienza frequente, nel bambino piccolo dell’età prescolare, dell’età dell’asilo, che si presenti il respiro sibilante, il “fischio”, soprattutto in corso di forme da “raffreddamento”. Tale condizione, variamente definita come “bronchite asmatiforme”, “broncospasmo”, “asma”, rappresenta spesso una preoccupazione per i genitori spaventati soprattutto dal timore che questa “asma” possa essere persistente e rappresenta un motivo frequente di ricorso al pediatra allergologo.Nel tentativo di valutare quale possa essere, nel futuro, il destino di questi bambini va tenuto conto del fatto che nell’asma dei bambini sotto i 3 anni esistono sostanzialmente due modelli di comportamento e di evoluzione:

I 2/3 dei bambini hanno wheezing (respiro sibilante) ricorrente ma transitorio, nel senso che scompare prima dell’età scolare.
Sono bambini con flussi respiratori più piccoli, cioè con ridotte dimensioni delle vie respiratorie. Essi presentano il respiro sibilante solo nel corso d’infezioni virali delle vie aeree, quando alla costituzionale ristrettezza di quei condotti per il passaggio dell’aria che sono i bronchi si aggiunge l’ulteriore restringimento dovuto al fatto che la parete di essi, infiammata, si gonfia.
Questi bambini hanno il calibro delle vie respiratorie ridotto; presentano wheezing precocemente e nei primi tre anni di vita, ma in seguito, dopo i 3-4 anni, non hanno più asma. Col tempo, in pratica, il calibro bronchiale aumenta e l’asma scompare.
Tuttavia questi bambini conservano una tendenza a diventare bronchitici cronici soprattutto se da ragazzi fumano.

1/3 dei bambini che ha wheezing nei primi anni di vita continua, invece, ad avere wheezing a sei anni e dopo.
I fattori di rischio per questi bambini, cioè gli elementi che permettono di ipotizzare che il bambino possa restare asmatico, sono:
_ avere la madre asmatica;
_ l’essere atopici, cioè tendenti alle allergie, e presentare qualche sensibilizzazione, cioè qualche test allergico, sulla cute o sul sangue, positivo. Ovviamente tale sensibilizzazione, tenuto conto che i test allergici non hanno valore assoluto, deve essere criticamente e con buon senso valutata da persona esperta;
_ avere la dermatite atopica;
_ o una rinite allergica persistente;
_ essere esposti al fumo passivo.

Sono bambini “atopici” con wheezing ricorrente. Ad es. la sensibilizzazione all’uovo in questi bambini con ricorrente respiro fischiante è un importante fattore predittivo di persistenza dell’asma; viceversa la sensibilizzazione all’acaro della polvere domestica non è frequente nel primo anno di vita: solo l’1 % dei bambini con wheezing nel primo anno di vita è sensibilizzato all’acaro. La sensibilizzazione avviene in seguito: all’età di 3 anni molti di questi bambini sono diventati allergici ad esso.

Fra i due gruppi sono dunque presenti differenze sostanziali, soprattutto dal punto di vista prognostico.
Le differenze fra i due gruppi rende ragione del fatto che non tutti i bambini sibilanti sotto i 5 anni rispondono al trattamento di fondo con i cortisonici per via aerosolica, che sono il trattamento fondamentale del bambino asmatico vero. Rispondono, appunto, solo i:
– bambini con madre asmatica,
– bambini con rinite allergica,
– bambini con eczema,
cioè quei bambini che, come detto, vanno considerati dei veri asmatici. I bambini con calibro ridotto delle vie aeree, che presentano il respiro sibilante solo nel corso delle infezioni virali, che non hanno quegli elementi negativi precedentemente esposti che li possono far identificare come veri asmatici, non hanno miglioramenti, cioè riduzione significativa del numero e della intensità degli episodi di respiro sibilante, con il trattamento di fondo, per lunghi periodi, con i cortisonici inalatori.

Cosa fare?

I bambini piccoli con wheezing e/o con dermatite atopica e/o madre allergica e/o sensibilizzazioni, vanno dunque considerati asmatici e, come tali trattati, con cicli di antinfiammatori. Il trattamento con i cortisonici deve essere precoce, per evitare che si verificano nei bronchi quelle alterazioni anatomiche persistenti (il cosiddetto “rimodellamento”), che compaiono molto presto nel bambino asmatico e che possono compromettere, anche nel futuro, la funzione respiratoria.
In tali soggetti con asma a rischio di persistenza si possono utilizzare cortisonici per via aerosolica a basso dosaggio con i “distanziatori”, anche se sono molto piccoli, anche di un anno o meno. Anche nel lattante, ad esempio, si può utilizzare il fluticasone al dosaggio di 50 _g (1 puff di Flixotide o Fluspiral 50) 2 volte al giorno utilizzando come distanziatore il Baby-Haler o l’Aerochamber con maschera.

I bambini con bronchite asmatiforme in corso di virosi, non veri asmatici, non rispondono, come detto, al trattamento di fondo. In questi bambini, cioè, basse dosi di cortisonici per periodi più o meno lunghi non prevengono la riacutizzazione. In essi può essere più utile usare i cortisonici in bomboletta spray, con il distanziatore, ad alti dosaggi al momento dell’inizio della infezione virale, per 10 giorni. Ci sono studi, inoltre, che dimostrano che in questi bambini il trattamento con un particolare tipo di farmaci antinfiammatori, i cosiddetti antileucotrieni (Montegen, Singulair, Lukasm), somministrati per un certo periodo di tempo, riesce a ridurre la frequenza delle bronchiti asmatiformi.

In ambedue i gruppi, in ogni caso, si deve ridurre il fumo di sigarette in casa e si deve proibire la frequenza dell’asilo nido per il ruolo delle infezioni virali nello scatenamento del wheezing sia nel soggetto atopico che nel sibilante solo in corso di virosi. Per entrambi i gruppi inoltre va attuata la profilassi antiacaro: nel bambino atopico per il fatto stesso di essere tale e talora sensibilizzato agli acari, per il non atopico perché il contatto con esso, anche al di fuori di uno stato di allergia, aumenta la frequenza e la intensità dei sintomi.

La tosse che non passa

Che cos’è la tosse persistente

La tosse persistente è la tosse che si protrae per oltre 15 giorni; tosse cronica è quella che persiste oltre le tre-quattro settimane. Quello della tosse che si protrae nel tempo è un frequente problema, soprattutto nei periodi invernali ed è un motivo frequente di ricorso all’allergologo. Molto spesso questi bambini vengono sottoposti ad accertamenti radiologici, ad esami di laboratorio, a molteplici terapie. In realtà, nella stragrande maggioranza dei casi il problema può essere risolto senza bisogno di accertamenti soltanto in base ai dati clinici ed alla storia della tosse.

E’ sempre allergia?

L’asma, cioè la cosiddetta tosse persistente asma-equivalente, è probabilmente la causa più frequente di tosse che non si esaurisce entro quei limiti di tempo nei quali usualmente si esaurisce la tosse legata alle normali infezioni delle alte vie respiratorie. Sono possibili però altre condizioni, indipendenti dall’allergia, che possono manifestarsi con questo sintomo le quali, considerate globalmente, rappresentano la causa maggioritaria del problema. Nella pratica quotidiana, viceversa, c’è una radicata tendenza a considerare quasi sempre “allergica” la tosse che non si risolve entri gli usuali limiti e che non risponde alle usuali terapie, mentre molto sottostimate appaiono essere, ancor oggi, malattie come la rinosinusite che nella realtà dei fatti è molto frequente ed è responsabile del sintomo “tosse persistente” in misura quasi paritaria rispetto all’asma.

Quali sono le cause più frequenti?

Dopo l’asma, la causa più frequente di tosse ritenuta persistente-cronica sono le infezioni consecutive delle alte vie respiratorie. E’ una situazione che può presentarsi frequentemente nei piccoli bambini dell’asilo i quali possono facilmente contrarre una seconda infezione virale mentre non è ancora scomparsa la tosse determinata da una prima infezione. I bambini dell’asilo possono notoriamente ammalarsi, secondo statistiche ben note, ogni 25-28 giorni e ogni volta che si ammalano la tosse può durare 10-15 giorni. Alla fine del periodo della tosse, quando il sintomo si sta attenuando o è scomparso solo da pochi giorni ecco che una nuova infezione innesca nuovamente il problema. La madre che racconta al pediatra esordirà invariabilmente dicendo che il bambino ha “sempre la tosse” ma in realtà andando ad indagare si vedrà che ogni tanto si sono quei 4-5 giorni di intervallo fra un episodio e l’altro che permettono di dire che si tratta di una tosse ricorrente, da asilo, e non persistente che, come vedremo, ha motivazioni diverse.

Altre cause possono essere la rinosinusite o sinusite, le broncopolmoniti, le infezioni di germi particolari, i cosiddetti batteri atipici (Mycoplasma e Chlamydia), la pertosse, motivi psicologici (tosse psicogena). Meno frequenti le cosiddette sindromi da aspirazione, cioè la penetrazione nelle vie respiratorie di materiale estraneo, alimentare o meno, come si può verificare sia accidentalmente (inalazione di corpo estraneo) sia in soggetti con reflusso gastroesofageo o con disordini della deglutizione ad esempio nei bambini cerebropatici) e la fibrosi cistica o mucoviscidosi, una malattia che coinvolge le secrezioni ghiandolari e che dà un interessamento sia dell’apparato respiratorio che gastrointestinale. Per tale malattie, in molte regioni italiane, viene attualmente eseguito alla nascita un test estremamente sensibile per cui la diagnosi viene sospettata  già nel periodo neonatale.

La sinusite o più propriamente rinosinusite è una malattia molto frequente i cui sintomi dominanti sono, oltre alla tosse veramente persistente, l’ostruzione persistente del naso con sovente secrezione densa, gialla o verdastra (il bambino “moccioloso”), l’alitosi. Fa spesso seguito ad un “raffreddore” acuto iniziale che crea le condizioni favorenti per l’infezione dei seni paranasali. E’ importante sottolineare che il mal di testa, sintomo che nella tradizione popolare si associa alla sinusite, è, viceversa un sintomo raro nella sinusite del bambino ed esclusivo del bambino grande, oltre i 10 anni, quando si completa lo sviluppo dei seni paranasali frontali.

La pertosse o tosse convulsa o tosse asinina o tosse canina è una malattia la cui frequenza si sta nettamente riducendo con l’estendersi della vaccinazione specifica che, ai nostri giorni, è compresa fra le vaccinazioni usualmente eseguite presso i centri vaccinali. Attualmente si può più facilmente riscontrare in ragazzi adolescenti o adulti sia perché sfuggiti alla vaccinazione in un’epoca in cui essa non era praticata così estensivamente sia perché la copertura della vaccinazione non dura tutta la vita ma l’effetto protettivo scompare dopo circa otto anni.

Una quota non irrilevante di tosse persistente, causa frequentissima di accertamenti radiologici, allergologici, di laboratorio, nonché di ripetuti consulti medici, è la tosse cosiddetta psicogena, cioè “nervosa”. E’ una tosse estremamente disturbante che equivale concettualmente ad un tic. A volte sembrano essere quasi i genitori a non voler accettare questa diagnosi, come se rifiutassero di accettare l’origine puramente funzionale ed in fondo banale di un disturbo tanto grande, inducente tanta ansia e per il quale tanti accertamenti e tante terapie, inutili, sono stati eseguiti.

Come orientarsi?

La causa di una tosse che persiste nel tempo può, in circa il 95% dei casi, essere individuata dal medico senza ricorrere ad accertamenti e a radiografie. Anzi molto spesso la diagnosi può essere fatta prima ancora di visitare il bambino con una accurata raccolta dei dati (anamnesi) che riguardano la storia del bambino, le circostanze in cui la tosse è insorta, i caratteri della tosse, la risposta alle precedenti terapie.

La tosse psicogena o nervosa

Ad esempio una anamnesi mirata è sufficiente in genere a riconoscere la tosse psicogena: si tratta di una tosse a colpi isolati, di gola come se il bambino “raschiasse la gola”, che si accentua nei momenti di tensione, si riduce quando il bambino è distratto e, tipicamente, scompare con l’addormentarsi. Come il bambino si addormenta la tosse stizzosa, irritante, irrefrenabile che ha disturbato per tutta la giornata il bambino e i genitori magicamente scompare. Orbene nessuna tosse “vera”, cioè dovuta a malattie dell’apparato respiratorio, dalle forme più banali, ad esempio l’influenza, alle forme più gravi, scompare nelle ore notturne, anzi è esperienza comune che la tosse è in queste ore più disturbante e rende il riposo notturno molto difficoltoso. Alcuni comportamenti del bambino adeguatamente valutati dal medico possono confermare questo sospetto: il bambino con tosse psicogena, ad esempio, tossendo con i suoi colpi “isolati” tende spesso a coprire con la mano la bocca la qual cosa può essere certamente un segno di buona educazione ma è del tutto inusuale nel bambino che tossisca per asma, broncopolmonite, sinusite, bronchite o quant’altro. Ancora è molto frequente che il bambino, entrando nello studio del medico si “presenti” con qualche colpo di tosse (“tosse di presentazione”) come volesse ancora una volta accentrare su di sé quell’attenzione che già a casa accentra con questo sintomo. Infine a suggello della diagnosi l’assoluta mancanza di risposta a qualsiasi terapia in precedenza fatta, antibiotici, cortisonici, broncodilatatori.

La diagnosi in realtà è molto agevole e non presenta difficoltà. Il problema è che la tosse psicogena, per quanto frequentissima, è praticamente ignorata dalla maggior parte dei medici, in particolare dagli specialisti di branca (broncopneumologo, otorino etc.). Il più delle volte il bambino è già stato valutato e variamente etichettato come allergico, iperreattivo bronchiale, laringopatico, asmatico, adenotonsillare. Purtroppo talvolta il problema si complica perché alcuni di questi bambini con tosse psicogena, sottoposti ad accertamenti allergologici, appaiono mostrare una qualche positività a qualche allergene che viene erroneamente considerato responsabile dei sintomi. Sono i casi in cui le terapie non sembrano mostrare alcuna efficacia e la tosse”allergica” del bambino sembra resistente ad ogni appropriato trattamento. Basterebbe questo fatto, la mancata risposta al trattamento adeguato alla tosse allergica con broncodilatatori e cortisonici inalatori ad escludere l’origine allergica della tosse e a dover far pensare ad una origine diversa di essa. Non tutto quello che accade ad un bambino allergico è dovuto alla sua allergia.

La pertosse

Anche per la pertosse la diagnosi usualmente precede la visita del bambino e viene fuori dalla storia della tosse e dei suoi caratteri. E’ una tosse che dopo un periodo di 1-2 settimane (periodo catarrale) in cui appare banale e simile a tante altre tossi che il bambino (oggi più facilmente l’adolescente e l’adulto) ha presentato in passato comincia a presentare (periodo accessuale) delle caratteristiche particolari. Il bambino comincia ad avere accessi di tosse. I colpi di tosse sono talmente ravvicinati e numerosi che il bambino non può, come accade viceversa nelle altre forme di tosse, riprendere respiro e quindi si congestiona, diventa cianotico, a volte, per fortuna raramente, sviene. L’accesso di tosse termina usualmente con una tipica profonda e rumorosa inspirazione liberatoria (urlo inspiratorio). Il bambino sdraiato nel corso dell’accesso sente l’impellente necessità di sollevarsi e mettersi seduto (= se un bambino tossendo si deve mettere seduto pensare alla pertosse). Nelle settimane successive gli accessi si fanno più frequenti e da prevalentemente notturni si presentano anche di giorno. Finalmente dopo 2-3 settimane gli accessi diventano più rari e la tosse si attenua. Comincia così un lungo periodo di convalescenza (i cinesi chiamano la pertosse “la tosse dei cento giorni”) nel corso del quale, tuttavia, qualsiasi stimolo alla tosse (ad. esempio una banale infezione virale) può determinare dei piccoli accessi.

I test di laboratorio non sono di aiuto per la diagnosi di questa malattia che, fortunamente, come detto, è in netta riduzione statistica con l’avvento della vaccinazione estensiva e che attualmente è più frequentemente riscontabile in ragazzi e adulti a suo tempo non sottoposti a vaccinazione o che hanno superato il periodo di copertura indotto dalla vaccinazione.

La rinosinusite

Anche per la rinosinusite l’anamnesi, cioè la raccolta delle notizie sull’insorgenza della tosse, sui sintomi concomitanti, sull’aspetto delle secrezioni nasali, può fin da subito, far sospettare la malattia. Sono bambini che di solito hanno cominciato a tossire nel corso di una infezione acuta delle alte vie respiratorie con febbre, raffreddore e, appunto, tosse. La febbre è ormai scomparsa da molti giorni ma la tosse è persistita e persiste insieme con il naso ostruito. Non solo, la secrezione nasale che nei primi giorni era chiara e trasparente con i giorni è diventata più densa e adesso ha caratteristiche francamente mucopurulente o purulente con un colore dal giallo al verde. Usualmente questi bambini hanno l’alito “pesante”, gli occhi alonati (le occhiaie). Nella maggior parte dei casi il problema si trascina ormai da uno o più mesi; il bambino ha presentato dei miglioramenti transitori durante qualche trattamento con antibiotici ma dopo qualche giorno la tosse, il naso chiuso, “il moccio” denso sono ricomparsi.  E’ una storia molto tipica e di diagnosi relativamente semplice. Si può dire drasticamente che c’è una sinusite se i sintomi di raffreddamento, tosse e scolo dal naso di muco verdastro o purulento, persistono per oltre 10 giorni. Non c’è bisogno di altro per la diagnosi di sinusite e soprattutto, abitudine difficile da sradicarsi, non è di alcuna utilità, la radiografia dei seni paranasali. La radiografia dei seni paranasali non è di alcuna utilità per una somma di motivi il primo dei quali è che con essa non si visualizzano i seni paranasali etmoidali che sono i seni paranasali principalmente impegnati nella sinusite del bambino. In secondo luogo, per motivi tecnici e non solo, con la radiografia sono facili le diagnosi in eccesso ma anche in difetto, nel senso che può essere diagnosticata la sinusite a chi non l’ha, ed è l’evenienza più frequente, ma può essere esclusa a chi invece l’ha. In altre parole si spiegano in tal modo storie, più proprie degli adulti, di mal  di testa perenni  dovute a sinusiti che non passano mai malgrado ogni genere di trattamento ed in primis terapie termali e inalatorie. Semplicemente non si tratta di sinusiti ma di cefalee emicraniche, da tensione o quant’altro diagnosticate “per comodità” o per superficialità come sinusiti grazie ad esami radiologici “positivi”.

L’asma-allergia

La tosse persistente-cronica può essere l’unico segno di asma e quindi di allergia, per quanto l’asma non sempre significhi allergia. Va sottolineato però che è molto difficile che una tosse allergica resti a lungo l’unico sintomo, tosse e basta; solitamente dopo qualche tempo (usualmente settimana/e) compare il respiro sibilante dell’asmatico e la natura della tosse si chiarisce. Una tosse persistente con respiro sibilante non pone dubbi sulla sua natura, problemi possono esserci quando la tosse è ancora l’unico sintomo e fino a quando è l’unico sintomo.

Anche in questi casi tuttavia può essere d’aiuto una raccolta adeguata di informazioni sul bambino, sulle caratteristiche della sua tosse, sulla stagionalità, sulle situazioni in cui si manifesta o si accentua. Per esempio una storia familiare di allergie e soprattutto la storia personale di allergia alimentare, dermatite atopica, positività dei test allergologici, rinite allergica possono immediatamente orientare la diagnosi, per quanto, come detto non tutto quello che si manifesta nel bambino allergico va considerato sempre e solo dovuto ad allergia.  La tosse dell’asmatico ha poi determinate caratteristiche: è spesso una tosse che si manifesta di notte o nelle prime ore del mattino (allergia all’acaro) ed ha una stagionalità in funzione dell’allergene responsabile. L’allergico all’acaro tossisce nei mesi freddi mentre la tosse scompare nei mesi estivi, il bambino con allergia ai pollini tossisce a primavera. Infine la tosse dell’asmatico può comparire o accentuarsi in certe situazioni: può essere indotta dall’attività fisica (tosse da sforzo), dal riso (tosse da riso), dal freddo, da ambienti fumosi, da ambienti umidi. La tosse da sforzo e da riso, in assenza di sintomi conclamati di asma, esprimono l’esistenza di uno stato di infiammazione minima ma persistente dei bronchi responsabile di una abnorme reattività bronchiale (“iperreattività bronchiale) per cui basta il riso o  lo sforzo, ma anche una infezione virale o l’assunzione di una aspirina o una aumento della concentrazione degli allergeni o l’inquinamento ambientale perché sia indotta non solo la tosse ma anche talora la crisi di asma vera e propria.

Cosa fare?

Abbiamo già detto che nel 95% dei casi la determinazione della causa di una tosse persistente non richiede il ricorso a strumenti diagnostici che non siano una accurata raccolta di notizia dai genitori e dal bambino stesso accompagnata da un attento esame clinico del medico. Non sono quindi necessari al primo approccio del bambino nella pratica quotidiana accertamenti di laboratorio, esami del sangue, test allergici. Una “anamnesi” accurata è nella maggior parte dei casi già molto orientativa e in funzione di essa il medico cercherà dei segni che ne possano confermare o meno l’orientamento diagnostico. Nel caso della tosse asmatica per esempio ci sono vari sistemi, alcuni dei quali possono essere utilizzati dagli stessi genitori, per chiarirne la natura. Uno sforzo fisico, ad esempio una corsa o ripetute flessioni, possono indurre un respiro sibilante che può a volte essere percepito avvicinando l’orecchio alla bocca del bambino. Uno sforzo analogo può essere indotto dal medico mentre visita comprimendo il torace del bambino che respira. In questo modo il medico spesso, specialmente sulla parte anteriore del torace, riuscirà a percepire con il fonendoscopio, i sibili in espirazione o un allungamento significativo della fase espiratoria del respiro. Un altro test è quello della somministrazione del farmaco broncodilatatore: la tosse asma-equivalente risponde bene al trattamento inalatorio con broncodilatatori. Una risposta positiva alla loro somministrazione ha quindi un significato diagnostico. Non ha effetto viceversa su questi tipo di tosse l’assunzione di antistaminici, pure così frequentemente utilizzati in questi casi: la tosse dell’asmatico non è principalmente collegata all’azione nell’organismo dell’istamina e quindi gli antistaminici non possono essere efficaci su questo sintomo.

Possono ancora essere d’aiuto altri elementi come ad esempio la presenza di una dermatite atopica o di quei segni “minori di atopia” come la pelle secca e ruvida, la doppia piega della palpebra inferiore degli occhi, il piccolo taglio a livello dell’impianto delle orecchie.

Per la sinusite la conferma del sospetto diagnostico viene ricercata dal medico attraverso l’osservazione, con un normale otoscopio, delle fosse nasali. La presenza di mucopus giallo o verdastro confermerà il sospetto di sinusite mascellare, Lo stesso esame può essere utile per distinguere la tosse da sinusite da quella da allergia: nelle forme allergiche la mucosa che riveste il naso apparirà pallido-violacea e gonfia e la secrezione nasale sarà limpida trasparente, sierosa.

Per la sinusite etmoidale, che come detto è la più frequente nel bambino, l’esame della gola con la lampadina e il bastoncino abbassalingua permetterà talora al medico di vedere delle colate di mucopus sul faringe provenienti dall’alto (dal “rinofaringe”). E’ il mucopus che tracima dai seni etmoidali.

Comportamento pratico

Nella pratica quotidiana, di fronte ad un problema di tosse persistente ci si può comportare in questo modo, tenendo presenti le cause più frequenti di essa:

  1. Sono prima di tutto da escludere, è questo è possibile nella maggior parte di casi con la sola clinica (cioè dati anamnestici + esame del bambino), l’asma, la rinosinusite, la tosse psicogena o nervosa. La pertosse, causa frequente di tosse persistente in un recente passato ed anch’essa diagnosticabile solo con i dati clinici, al momento appare in decisa diminuzione statistica.
    1. se c’è asma: terapia con cortisonici inalatori di fondo a lungo + accertamenti allergologici (non necessariamente subito),
    2. se c’è sinusite terapia antibiotica adeguata per 10-15 giorni + cortisonico nasale senza ulteriori accertamenti, almeno al primo episodio di sinusite: eventuali accertamenti (allergologici o ORL) sono indicati in caso di frequenti recidive o di mancata guarigione dopo adeguato trattamento,
    3. se c’è tosse psicogena tranquillizzare i genitori e spiegare il carattere funzionale del sintomo.
  2. Se non è presente asma o rinosinusite o tosse psicogena è opportuno eseguire una radiografia del torace. Solo in questo caso, quindi, può essere necessario un accertamento radiologico, a meno che i dati clinici non siano chiaramente deponenti per una broncopolmonite nel qual caso l’accertamento radiografico può essere superfluo.
  3. Qualora l’esame radiologico escludesse la presenza di focolai di broncopolmonite si deve ritenere che la tosse persistente del bambino sia dovuta a bronchite da mycoplasma o clamydia o moraxella, germi che possono essere combattuti con un ciclo di due settimane di macrolidi. Tale terapia avrebbe a questo punto anche un significato diagnostico (criterio ex juvantibus).

In questo modo è possibile affrontare e risolvere, già al primo livello la gran parte dei casi di tosse persistente-cronica, evitando iter diagnostici più laboriosi, accertamenti soventi inutili dal punto di vista operativo, trattamenti spesso non risolutivi.